Arturo Lorenzoni non molla. Ufficialmente negativizzato, dopo l’isolamento per il coronavirus, il candidato del centrosinistra alle Elezioni Regionali 2020 in Veneto ha smentito le voci secondo cui stava valutando il ritiro. «Non l’ho mai detto, né pensato, né lo penso. Io resto in consiglio regionale. È un impegno che ho preso e che intendo rispettare», ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Il Gazzettino. Dopo la sconfitta, lo ha chiamato Nicola Zingaretti, segretario del Pd. Ma in campagna elettorale non ha potuto contare su un grande appoggio dei dem. «Non recrimino niente, non è nel mio carattere. Ma è vero che c’era un atteggiamento rinunciatario. Ho dovuto combattere contro la rassegnazione, la gente lo percepisce chiaramente». Lorenzoni non sa se il centrosinistra continuerà a puntare su di lui per il 2025, del resto è presto per dirlo, ma lui intende continuare la sua attività politica. Non si è pentito di scendere in campo, ma senza dubbi definisce «deludente» il risultato.
LORENZONI “ZAIA? ASSENTE IN CONSIGLIO REGIONALE…”
Arturo Lorenzoni si aspettava di più, ma è consapevole anche del fatto «che vari fattori hanno concorso al risultato polarizzando il voto su Luca Zaia». Nell’intervista rilasciata a Il Gazzettino il professore, che si è candidato col centrosinistra alle regionali venete, ha spiegato come ha fatto Luca Zaia ad essere riconfermato con il 76% dei voti. «Durante l’emergenza sanitaria, con le dirette televisive e social, Zaia è diventato uno di casa, ha dato ai veneti un messaggio rassicurante, diretto». Lorenzoni ha anche riconosciuto che la comunicazione politica di Zaia in questi mesi è stata «perfetta». Ma non manca una frecciatina: «L’aspetto singolare è che Zaia in consiglio regionale in questi cinque anni non ci è mai andato, ha avuto un tasso di presenza in aula del 10,2 per cento, ma alla gente non interessa. I veneti lo vogliono in cucina all’ora di pranzo». Pur non essendosi pentito per la scelta di candidarsi, Lorenzoni ha ammesso che «ci sono stati alti e bassi», ma resta «convinto che bisognava tenere insieme le tante anime democratiche».