Apertura di asili nido e scuole dell’infanzia per ridurre le differenze tra Nord e Sud: la misura, parte del Pnrr, avrebbe dovuto migliorare le opportunità educative e l’occupazione femminile grazie ai tre miliardi per la parte edilizia e circa un miliardo, stanziato dalla Legge di Bilancio 2022, per le spese di gestione. Eppure, la misura, avvantaggia i territori che hanno una posizione migliore, mentre quelle piazze che sono già indietro, rischiano di rimanere così a causa della scadenza al 30 giugno 2023 per l’avvio dei lavori.



Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha assicurato all’Anci che il governo avrebbe negoziato con l’Ue un rinvio della scadenza, che però ancora non è arrivato. Ma anche con il rinvio, sottolinea Repubblica, rimarrebbero soltanto due anni per completare i lavori e sei mesi per collaudarli. “Lo stato di avanzamento dei progetti non è omogeneo. I Comuni che si sono mossi per primi, o che hanno aderito agli accordi quadro di Invitalia, sono più avanti, tutti gli altri sono in difficoltà” ha spiegato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Più indietro, dunque, sono i comuni del Sud.



Asili Nido, il PNRR aumenta il divario tra Nord e Sud?

Come spiegato da Rosanna Mazzia, sindaco di Roseto Capo Spulico e presidente dell’Associazione Borghi Autentici d’Italia, “Persino i criteri della misura (del PNRR) erano in antitesi con la situazione dei piccoli centri, e non solo del Sud. Si parlava di previsione di crescita della popolazione, e da noi c’è il fenomeno dello spopolamento. Le scadenze erano troppo ravvicinate, e continuano ad esserlo, e la cantierizzazione non ha tenuto conto dell’aumento dei costi dei materiali“. A Repubblica ha parlato anche Luca Giunti, analista di Openpolis. Nel corso del primo bando “Sono arrivate richieste per la metà dei fondi, 1,2 miliardi: pochissime le domande da Basilicata, Molise e Sicilia”.



Alberto Zanardi, del Consiglio dell’ufficio parlamentare di Bilancio, ha sottolineato come il 20% dei Comuni assegnatari dei progetti Pnrr ha già oggi una copertura del servizio superiore all’obiettivo del 33%: dunque si rischia di aumentare ancora di più lo squilibrio tra il Mezzogiorno e il resto del Paese. Ancora Gavosto ha spiegato che “Al Sud molte famiglie pensano che sia meglio mandare i bambini a scuola dopo i due anni. Le poche famiglie che nel Mezzogiorno mandano i bambini al nido utilizzano le strutture private, che hanno fatto resistenza al Pnrr. Senza contare che uno studio dimostra che da qui al 2026 ci sarà un fabbisogno di altre 40 mila educatrici, e non sarà facile trovarle”.