Per la quota fissata da Bruxelles in termini di copertura totale per i servizi per la prima infanzia, l’Italia resta drammaticamente in negativo: 26,9% contro 33%. Al Sud, fermo al 15%, il gap è ancora più preoccupante ed è da mesi che segnaliamo che nella costruzione di 1.800 nidi e 300 scuole materne, tra le moltissime voci del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la cui importanza è indiscutibile, il ritardo è tale che ci pare quasi una situazione anacronistica e non ci rassicura (dati i tempi ristretti) la decisione del Governo di prorogare il termine di aggiudicazione degli appalti in essere r per gli asili nido: dal 31 maggio alla data prevista dalla milestone europea per i nuovi progetti sempre Pnrr, che è a oggi il 30 giugno 2023.
La norma è stata inserita nel dl omnibus approvato dal Consiglio dei ministri della scorsa settimana e in G.U. All’articolo 8, comma 1 il dl precisa che “all’articolo 24, comma 6-bis, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, le parole: «non oltre il 31 maggio 2023 al fine di poter rispettare gli obiettivi del Piano» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre il termine di aggiudicazione previsto dagli obiettivi del Piano»”.
L’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica rivela che con 3,1 miliardi di euro previsti dal Pnrr per la creazione di nuovi posti negli asili nido si passerebbe dall’attuale copertura del 26,9% al 45,5% entro la fine del 2025. Si tratta di un importante miglioramento, anche se Spagna e Francia hanno già superato il 50% nel 2020. Inoltre, la maggior parte dei nuovi posti è prevista al Sud, riducendo così gli attuali profondi divari territoriali nella distribuzione di asili nido. Anche se almeno 330 milioni inizialmente allocati per gli asili nido potrebbero essere dirottati sulle scuole per l’infanzia, dove le carenze sono minori.
Desta comunque preoccupazione il fatto che problemi siano già emersi nella fase che sembrerebbe la più semplice, quella dell’espressione di interesse nel ricevere i fondi. Infatti, dai Comuni sono arrivate richieste soltanto per 1,2 miliardi. E proprio dal Sud, dove il problema è più grave, le domande sono state scarse. I Comuni siciliani (che offrono solamente 6.792 posti rispetto a una popolazione da 0 a 2 anni di 119mila, quindi con una grande quantità di richieste da parte delle famiglie inevase) avevano a disposizione, per gli asili nido, circa 300 milioni, ma hanno avanzato domande solo per 70 milioni.
In Italia i Comuni privi di >asili nido sono 3.790, il 46,1% del totale. Ma vi sono pure zone del Nord dove la situazione è critica. Per esempio, in Piemonte vi sono 804 comuni sprovvisti di nido, il valore più alto a livello nazionale in termini assoluti. Si tratta dell’unica regione del Centro-Nord, oltre alla Liguria, in cui il numero di comuni senza nido è superiore al 50%. Complessivamente i posti in asilo nido in Piemonte sono 26.800 a fronte di una popolazione 0-2 di 98.891 bambini: sono dunque disponibili 27 posti ogni 100 bambini.
Occorre intervenire urgentemente per sostenere gli enti locali che sono in forte difficoltà nel reclutamento di figure professionali necessarie, migliorando le procedure per individuare e attrarre persone in possesso delle caratteristiche ricercate e in numero adeguato per evitare ulteriori ritardi e scongiurare l’adozione di risposte emergenziali con gravi rischi per la qualità dei servizi.
I nidi non sono solo un importante strumento di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori di bambini piccoli, sono anche e soprattutto strumenti per promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino nella prospettiva di costruire una società più equa e inclusiva. Per questo devono essere diffusi capillarmente e resi accessibili, anche economicamente. È necessario mettere in campo subito la normativa sull’edilizia scolastica innovativa, contenuta nel pacchetto semplificazioni che consente ai Comuni di rivolgersi alle stazioni appaltanti di altri soggetti pubblici. Proprio nei territori dove c’è maggiore povertà educativa e dispersione scolastica mancano gli asili nido e questo rende anche più difficile, per le giovani donne, l’ingresso nel mondo del lavoro.
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