Le regole della quarantena cambiano: resta solo per chi non è vaccinato e per chi ha ricevuto due dosi da più di quattro mesi. Si parla di “rischio calcolato”, ma è davvero così? Il timore è che si sottovaluti il ruolo degli asintomatici nel contagio, soprattutto in virtù di quanto emerso da una revisione sistematica, e metanalisi, pubblicata su Jama, rivista dell’American Medical Association. Lo studio in questione è stato condotto da un gruppo di autori cinesi che, tramite una ricerca nel database, hanno identificato 2.860 ricerche che hanno ad oggetto la percentuale di infezioni asintomatiche da coronavirus su persone testate.



La prima conclusione è che gli asintomatici sono pericolosi tanto quanto coloro che manifestano sintomi e quindi dovrebbero andare in quarantena. «Le infezioni asintomatiche dovrebbero essere gestite in modo simile a quello delle infezioni confermate, compreso l’isolamento e la ricerca delle persone venute a contatto con gli asintomatici», la raccomandazione dei ricercatori.



“IL RUOLO DEGLI ASINTOMATICI NEL CONTAGIO”

A differenza della Sars, la cui trasmissione da pazienti asintomatici era poco nota, questi sono una potenziale fonte di trasmissione del Covid, quindi test approfonditi e tracciamento dei contatti ravvicinati possono far emergere infezioni asintomatiche. Le infezioni asintomatiche per i ricercatori hanno «un ruolo importante nella diffusione del virus all’interno della comunità, proprio mentre la vita pubblica torna gradualmente alla normalità». Quindi, la gestione degli asintomatici è fondamentale per prevenire focolai di cluster e trasmissione nei luoghi di contatto sociale. Quel che finora mancava era una valutazione completa della percentuale di infezioni asintomatiche tra popolazione testata e quella confermata.



I RISULTATI DELL’ANALISI

Il materiale esaminato è considerevole: si è partiti da 2.860 studi, di cui 282 sottoposti a revisione full-text. Nell’analisi finale ne sono stati inclusi 95, tutti focalizzati su informazioni riguardanti le infezioni asintomatiche tra popolazioni testate e confermate. Questi 95 studi comprendevano verifiche su 29.776.306 persone, di cui 11.516 con infezione asintomatica. La percentuale aggregata di infezioni asintomatiche tra i testati è stata dello 0,25%. Se però si tiene conto del numero di infezioni asintomatiche nei casi Covid conclamati, allora gli equilibri cambiano: 11.069 asintomatici su 19.884 individui, il 40,50%. Declinati così geograficamente: 46,32% nel Nord America, del 44,18% in Europa e del 27,58% in Asia. Disaggregati poi come segue: 54,11% per donne in gravidanza; 52,91% per viaggiatori d’aereo o crociera; 47,53% per ospiti o personale case di cura; 39,74% per residenti in comunità; 30,01% per sanitari, lavoratori o pazienti in ospedale; 26,94% per contatti stretti.

“CONTAGIO SI MOLTIPLICA CON ASINTOMATICI”

Per i ricercatori il fatto che un alto numero di asintomatici sia stato individuato tra chi si sposa in aereo o fa una crociera suggerisce che lo screening e la quarantena all’arrivo sono importanti per la riduzione dei contagi. Ma hanno rivelato anche un dato contrastante: i casi asintomatici erano bassi tra i residenti delle comunità, ma consistente tra malti accertati. «Ciò ci porta a pensare che, proprio a causa di chi non ha sintomi ma è positivo al coronavirus, il contagio possa moltiplicarsi. Per cui, all’interno delle comunità, anche gli asintomatici dovrebbero essere testati ciclicamente», scrivono i ricercatori. D’altra parte, suggeriscono screening anche per lavoratori di settori specifici, come il trasporto aereo. Senza trascurare gli operatori sanitari, che sono il 30,01% di asintomatici in grado di veicolare il coronavirus.