L’assalto a Capitol Hill fu uno degli eventi della storia degli Stati Uniti d’America senza dubbio più controversi degli ultimi anni. Si verificò di preciso il 6 gennaio del 2021 e fu causato da numerosi sostenitori del partito repubblicano che non accettarono la vittoria di Joe Biden, attuale presidente degli Stati Uniti, nella precedente tornata elettorale di novembre 2020.
Poche settimane prima Donald Trump, il presidente in carica, venne infatti sconfitto dal suo contendente, l’esponente democratico già vice presidente di Barack Obama, ma per il tycoon newyorkese quella sconfitta fu causata da una serie di brogli elettorali. Si venne così a creare un clima di forte tensione dove il popolo repubblicano di fatto non riconosceva il successo legittimo di Biden, e alla fine, il giorno dell’insediamento di quest’ultimo, si tenne una manifestazione che sfociò in una violenta risposta, concretizzatasi appunto con l’assalto a Capitol Hill. Di fatto quanto accadde il 6 gennaio del 2021 fu un tentativo di irruzione presso l’iconico edificio del congresso a stelle e strisce situato in quel di Washington.
ASSALTO A CAPITOL HILL, LA MARCIA DEI REPUBBLICANI
I sostenitori di Trump entrarono inizialmente con calma nell’edificio per poi attuare la forza, invadendo i corridoi delle stanze del potere e mettendo in fuga coloro che vi erano al loro interno. Immagini di devastazione ma anche di guerriglia urbana e di rabbia vennero trasmesse dagli Stati Uniti e furono molto, dopo quegli eventi, a paragonare l’assalto a Capitol Hill ad un vero e proprio colpo di stato.
Poco prima delle proteste avvenute il 6 gennaio del 2021, migliaia di sostenitori di Donald Trump si erano riuniti il 5 gennaio a Freedom Plaza, la piazza della libertà di Washington, facendo già intuire cosa sarebbe accaduto il giorno dopo, visto che anche in quell’occasione vi furono disordini e arresti. Il 6 gennaio si tenne quindi la “marcia per salvare l’America“, così come venne appunto definita dai repubblicani, con la partecipazione di migliaia di persone che si ritrovarono presso l’Ellipse in Washington.
ASSALTO A CAPITOL HILL, L’IRRUZIONE POI MORTI E FERITI
Fin dalla mattina numerosi manifestanti si avvicinarono al congresso, dove sarebbe stato appunto ufficializzato il voto in favore di Joe Biden, con diverse persone che hanno iniziato a parlare alla folla, fra cui anche uno dei più noti sostenitori di Donald Trump, leggasi l’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Il leit motiv dei discorsi, che poi sfociarono nell’assalto a Capitol Hill, fu che la vittoria di Biden era un fake, essendo stata ottenuta ai danni di Donald Trump solo attraverso un complotto, non rappresentando le reali intenzioni di voto degli americani.
Nel contempo anche il tycoon parlò ai suoi seguaci dicendo che non avrebbe mai accettato l’elezione del democratico, invitando quindi i fedelissimi a marciare verso il Campidoglio. Fu di fatto l’inizio della fine visto che in migliaia, verso le ore 13:00 locale, si presentarono al Congresso americano invadendo le stanze del potere, devastando tutto ciò che trovarono e dando vita ad una dura “battaglia” contro le forze dell’ordine. Il bilancio fu pesantissimo, 4 morti, 13 feriti e ben 52 arresti, e nonostante il giorno dopo Donald Trump condannò seccamente quell’episodio, venne comunque indagato e processato.
TRUMP ESCLUDE NUOVE VIOLENZE DOPO I RISULTATI USA 2024
A domanda diretta ieri sera prima di votare nel suo seggio di Palm Beach in Florida, Donald Trump he escluso una volta per tutte qualsiasi “incitamento” a nuove violenze in stile Capitol Hill 2021 eventuali qualora i risultati delle Elezioni Presidenziali Usa 2024 non fossero in linea con le aspettative repubblicane, ergo se dovesse emergere una vittoria di misura di Kamala Harris. «Non voglio alcun tipo di violenza. I miei sostenitori non sono persone violente», ha detto il candidato Presidente del GOP al seggio con la moglie Melania, «Penso che avremo una grande vittoria. Abbiamo un significativo vantaggio».
È lo stesso Trump a sottolineare, smentendo l’ipotesi di un “nuovo Capitol Hill”, che occorrerà del tempo prima di avere risultati certi ed effettivi sulla corsa alla Casa Bianca: un altro dettaglio non da poco in risposta a chi nei Democratici ipotizzava una “chiamata” alla vittoria del tycoon già nella notte elettorale appena passata. Sempre dal seggio in Florida, Trump ha infine ribadito che se perde un’elezione, «se sarà un’elezione corretta, sarò il primo ad ammetterlo». (a cura di Niccolò Magnani)