JFK, UN “CASO ANCORA APERTO”? LE MORTI DI OSWALD, RUBY E ZAPRUDER IN…
Assassinio di John Fitzgerald Kennedy, cosa sappiamo della morte del presidente statunitense nel 1963 a Dallas e dell’impatto che l’attentato ebbe sul mondo dei media e l’opinione pubblica all’epoca (e continua a riverberarsi ancora oggi)? A distanza di oltre sessant’anni, si continua a parlare del giorno che sconvolse l’America dato che la vera storia di quel che successe nel novembre di quell’anno è ancora tutta da scrivere, se non da riscrivere, e che certamente le conseguenze dell’omicidio di Kennedy segnarono il punto di non ritorno per un Paese che forse, da allora, perse per sempre la propria innocenza. Tra documenti a cui non si è avuto ancora accesso e altri andati distrutti, testimoni messi a tacere e la ‘commissione’ di turno che arriva alle conclusioni più prevedibili, la storia di quel 22 novembre attende ancora la parola fine.
L’assassinio di John Fitzgerald Kennedy rappresenta ancora oggi una delle pagine più nere della storia degli Stati Uniti ma anche un caso che continua a far discutere e con così tanti aspetti controversi da aver portato non solo alla realizzazione di film e saggi sull’argomento ma pure a varie teorie del complotto, più (o spesso) meno verosimili, che si continuano ad alimentare. La morte di JFK, 35esimo presidente degli USA, è una data impressa nella memoria di chi l’ha vissuta dal vivo quei giorni: all’epoca 46enne e il più giovane inquilino della Casa Bianca, il leader dem fu ucciso in quel di Dallas (Texas), mentre era a bordo della limousine presidenziale assieme alla moglie Jacqueline, dai colpi di fucile “Mannlicher-Carcano” esplosi da Lee Harvey Oswald, magazziniere ed ex marine. La ferita alla testa si rivelò mortale e ancora oggi sono drammatiche le immagini di Kennedy che si affloscia mentre la consorte è coperta di sangue.
ASSASSINIO DI JOHN FITZGERALD KENNEDY: I DUBBI E L’OMBRA DELLA COSPIRAZIONE
Rievocando l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, a destare scalpore, per paradosso, oggi non è l’attentato in sé ma quello che seguì: dalla morte prematura di cancro nel 1970 di Abraham Zapruder (il sarto ucraino di origini ebraiche diventato celebre per aver ripreso il corteo presidenziale e il momento dell’omicidio), all’arresto del 24enne Oswald che, tuttavia, verrà ucciso a sua volta, durante un trasferimento, da un colpo di pistola sparato da Jack Ruby, proprietario di un night club e vicino alla mafia secondo la polizia, autodefinitosi un patriota ‘turbato’ dall’attentato a JFK (la sua condanna a morte fu tramutata in ergastolo, ma morirà poco dopo di embolia polmonare nel 1967). In questo modo fu per sempre tappata la bocca di Oswald e dando adito alle teorie del complotto di cui sopra. Una commissione parlamentare (che prese il nome di chi la presiedeva, Earl Warren), istituita dal nuovo presidente Lyndon B. Johnson, avvallò in pieno la ‘lone gunman theory’.
Tuttavia l’ipotesi che provava a spiegare l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy non trovò riscontro nell’opinione pubblica dato che nel 1976 venne creato un organo ad hoc, la United States Select Committee on Assassinations secondo cui Oswald potrebbe non avere agito da solo ed evocando un piano più vasto e che avrebbe coinvolto diverse persone. A tutto ciò aggiungiamo che il viaggio a Dallas era stato sconsigliato a Kennedy da esponenti del Partito Democratico in quanto “pericoloso”, senza dimenticare un telex all’FBI del 17 novembre che allertava su un possibile attentato. E ancora vanno citate le ‘premonizioni’ del presidente e della consorte (la paura che i servizi segreti non potessero difenderlo dai “fanatici”, confessata a Jacqueline) e soprattutto la sua attività politica (il discorso ‘berlinese’, la vicinanza a Martin Luther King, l’impegno pacifista) invisa non solo all’estero ma anche sul fronte interno. E oggi, a 61 anni di distanza, anche se tanti incartamenti sono stati desecretati, l’America si divide ancora attorno alla ricerca della verità tra versioni ufficiali e l’ombra di una cospirazione di cui si possono solo immaginare i mandanti, senza avere prove e nemmeno certezze sul reale movente.