Dal primo gennaio, a seguito della riforma del Reddito di cittadinanza voluta dal Governo Meloni, è stato introdotto nel nostro ordinamento l’Assegno di inclusione quale “nuova” misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata al possesso di specifici requisiti di residenza, cittadinanza e soggiorno, alla prova dei mezzi sulla base dell’Isee, alla situazione reddituale del beneficiario e del suo nucleo familiare, e all’adesione a un percorso “personalizzato” finalizzato all’attivazione di un percorso di inclusione sociale e lavorativa.
A un mese dall’entrata in vigore è, quindi, possibile un primo, sebbene provvisorio, bilancio sulla base dei dati a disposizione del Ministero. Si scopre così che l’Assegno di inclusione ha già interessato 480 mila nuclei familiari, a fronte di una platea “potenziale” di ben 737 mila. In totale le domande pervenute a gennaio (con Patto di attivazione digitale sottoscritto) sono state, tuttavia, molte di più: ben 779.302.
In particolare, i “nuovi” controlli preventivi (possibili per l’integrazione dei diversi sistemi informativi) effettuati anche con la piattaforma del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, gestita in collaborazione con l’Inps, sulla totalità delle domande, hanno evidenziato che 24.115 domande necessitano di un supplemento di istruttoria per l’accertamento di disabilità o nucleo familiare non conforme, 77.331 domande necessitano di approfondimenti per Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) difforme e che 801 domande sono sospese per ulteriori controlli sulla residenza anagrafica.
Per queste domande sospese, l’Inps informerà, nei prossimi giorni, gli interessati della sospensione nonché dell’esito delle ulteriori verifiche effettuate. Per ulteriori 22.762 domande l’Inps è in attesa della verifica della certificazione da parte degli enti preposti. Le domande respinte sono, al netto di quelle “in verifica”, in totale 182.350 e tra le principali cause di reiezione risultano: Dsu sopra sglia, superamento delle soglie di reddito e omessa dichiarazione lavorativa.
L’importo medio degli assegni che sono già stati pagati nel mese di gennaio è risultato, quindi, pari a 620 euro.
Sembra emergere, come dimostrano anche questi dati, la necessità di ripensare i requisiti per renderli più “inclusivi” pur senza modificare, o “tradire”, l’impostazione di fondo della misura. Le indiscrezioni, presenti su vari organi di stampa, raccontano che a queste correzioni stia lavorando una commissione “ad hoc” guidata da, tra le altre cose, l’ex Presidente di Italia Lavoro Natale Forlani.
Se i dati consiglieranno degli adeguamenti “necessari” per raggiungere l’obiettivo è auspicabile che questi vengano messi in campo, pragmaticamente, il prima possibile. La lotta alle povertà non deve, infatti, diventare, per ragioni ideologiche e “politiche” nel senso meno alto del termine o più banalmente “amministrative” e contabili, una lotta ai “poveri”.
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