Fatta la legge, come noto, servono i decreti, le circolari, le procedure, ecc. Non è escluso da questa logica, ovviamente, neanche l’Assegno di inclusione, il nuovo strumento di contrasto alla povertà voluto dal Governo Meloni per sostituire il Reddito di cittadinanza.
Si aggiungono, in questi casi, anche delle faq, ossia le risposte alle domande più frequenti che i richiedenti la misura stanno avanzando alle diverse amministrazioni coinvolte.
Il Ministero, insomma, prova a dare risposte ai cittadini. Ad esempio, si chiarisce che anche chi ha percepito l’ultimo mese di Rdc a dicembre potrà già a gennaio godere dell’Adi. Infatti, il Reddito di cittadinanza si interrompe il 31 dicembre 2023, mentre l’Assegno di inclusione entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024. Pertanto, il nucleo beneficiario di Rdc può presentare domanda già a partire da dicembre 2023. Inoltre anche se la domanda fosse presentata entro il mese di gennaio 2024 e, se in possesso dei requisiti, il nucleo potrà percepire l’Adi già a partire dallo stesso mese, ovviamente previo esito positivo della verifica dei requisiti e sottoscrizione del Patto digitale del nucleo nello stesso periodo.
Il Ministero chiarisce, inoltre, che durante la percezione della misura, si pensi ai percettori di origine non italiana in particolare, sono possibili periodi all’estero che non interrompano la continuità della residenza. La continuità della residenza si ritiene interrotta, infatti, qualora vi sia stata un’assenza dal territorio italiano per oltre 2 mesi o 4 mesi non continuativi negli ultimi 18 mesi. Non interrompono la continuità del periodo, anche se superiori a due mesi continuativi o a quattro mesi complessivi nell’arco di diciotto mesi, le assenze per gravi e documentati motivi di salute. Resta, tuttavia, fermo che il mancato rispetto degli impegni da parte dei componenti tenuti agli obblighi comporta la decadenza dalla misura.
Si esplicita poi che dopo il primo appuntamento presso i servizi sociali i cittadini potranno essere seguiti dai Centri per l’impiego peraltro come già accadeva con la precedente misura
Si precisa così che nell’ambito dell’Adi è prevista per ogni nucleo familiare la sottoscrizione del Patto per l’inclusione sociale, mentre i singoli componenti, tenuti agli obblighi, che in esito all’analisi preliminare del sociale risultino attivabili al lavoro, potranno essere indirizzati anche ai servizi per il lavoro per la sottoscrizione del Patto di servizio. Qualcosa di simile a quanto avveniva già per il Reddito di cittadinanza quando nell’ambito del Patto di inclusione per un singolo componente veniva indicato come impegno di attivazione lavorativa la sottoscrizione con il Cpi di un Patto di servizio. Non sarà più possibile, invece, indirizzare al Centro per l’impiego l’intero nucleo.
I chiarimenti, come facilmente immaginabile, sono alcune centinaia e affrontano tutti gli aspetti della misura.
Dal primo gennaio, tuttavia, le parole si dovranno trasformare in fatti e articoli, procedure e chiarimenti vari in politiche, per quanto possibile “attive”, che dovrebbero incidere nelle vite delle persone più svantaggiate. Sarà, probabilmente, impossibile “abolire la povertà” con questa misura, ridurre un po’ le disuguaglianze sociali potrebbe forse bastare.
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