L’Unione europea è in grado di interpretare la Costituzione italiana meglio di noi? La domanda sorge spontaneamente, visto che la Corte costituzionale ha deciso di non decidere sull’estensione degli assegni di natalità e maternità a tutti gli immigrati, passando la palla ai giudici europei. La sovranità italiana si piega ancora una volta alle istituzioni europee, accusa qualcuno. I giudici ritengono che in casi simili il diritto europeo è vincolante per il nostro ordinamento, quindi hanno lasciato l’ultima parola all’Europa. A firmare l’ordinanza è stata la giudice redattrice Silvana Sciarra. Per sottoporre il quesito è stata scelta la procedura del rinvio pregiudiziale. Secondo la Consulta, il divieto di discriminazioni arbitrarie e la tutela della maternità e dell’infanzia, che la Costituzione italiana salvaguardia con gli articoli 3 e 31 vanno “interpretati anche alla luce delle condizioni vincolanti offerte dal diritto dell’Unione Europea”. Questo perché “le tutele riconosciute dalla Costituzione e dal diritto Ue, infatti, sono tra loro complementari, proprio perché legate da un nesso di mutua implicazione e di feconda integrazione”.



CONSULTA INTERROGA UE, “INDICAZIONI VINCOLANTI”

In attesa che la Corte di Lussemburgo si pronunci, i giudizi restano sospesi. La valutazione riguardava l’erogazione degli assegni e il dubbio che, subordinandola ad un periodo di cinque anni di permanenza nel territorio italiano e al possesso di un reddito adeguato e di un alloggio, potesse configurarsi una ingiustificata discriminazione degli stranieri che risiedono legalmente in Italia e sono in condizioni di maggiore bisogno. In tal caso, verrebbero violati gli articoli 3 e 31 della Costituzione, oltre al principio di parità di trattamento tra cittadini europei e dei Paesi terzi. Pertanto, la Corte costituzionale ha chiesto a quella dell’Ue di chiarire se la normativa itlaiana sia compatibile con l’articolo 34 e con la direttiva sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e quelli degli Stati membri. L’assegno di natalità, inoltre, per la Corte costituzionale non ha solo una finalità premiale, ma pure di sostegno alle famiglie in condizioni economiche precarie. Quindi, va interpretata come una “prestazione familiare” secondo il diritto dell’Ue con conseguente applicazioni del principio di parità di trattamento.



Se alla luce degli articoli 3 e 31 della Costituzione, la norma li viola, in teoria che senso ha coinvolgere l’Ue? Le ipotesi sono due per La Verità: i requisiti non contraddicono la Costituzione, quindi ci si appella alla Corte di giustizia europea per “smontare” la legge. Ma se la Costituzione basta a bocciare la norma in questione, allora “le toghe della Consulta hanno compiuto un incomprensibile gesto di deferenza. Ed è mistero sulle logiche politiche cui esso possa rispondere”. La Consulta dal canto suo parla di una procedura frutto di “una ormai sperimentata tradizione di leale collaborazione fra le Corti”.

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