La complessità e l’incertezza dello scenario nazionale ed internazionale scaricano sulle famiglie una situazione di grande difficoltà, che pare essere uscita dai radar della grande comunicazione e del dibattito pubblico. Sembrava di poter ricominciare a respirare, dopo la grande e prolungata prova della pandemia, ma la drammatica crisi russo-ucraina ha rimesso nuovamente in discussione ogni ragionevole progettualità positiva. Mentre si stava faticosamente prendendo confidenza con le opportunità (reali o presunte) della prima implementazione del Recovery Fund e del Pnrr, ecco che i costi dell’energia decollano e soprattutto le macerie di Kiev e di Mariupol non ci sembrano più così lontane dalle nostre stesse città.
Del resto il numero di famiglie italiane in difficoltà era già rilevante non solo prima della crisi bellica del 2022, ma anche prima della pandemia, e in modo già significativo. In fondo non sorprende che il 2021 evidenzi un ulteriore calo nel numero di nati, sceso per la prima volta sotto la soglia psicologica dei 400mila (esattamente 399.431): è il secondo anno di pandemia, e i progetti generativi del 2020-2021 non potevano che subire tale impatto. Però anche il 2020 presentava un record negativo (solo 404.892 nati, già quell’anno il dato più basso dall’Unità d’Italia) a proseguire un trend negativo già presente almeno dal 2008.
Non bisogna nemmeno dimenticare che (sempre dati Istat) nel 2020 la percentuale di famiglie sotto la soglia di povertà assoluta era ulteriormente cresciuta, raggiungendo il 7,7% del totale delle famiglie (poco più di 2 milioni, in crescita rispetto al 6,4% del 2019), e il 9,4% della popolazione (5,6 milioni di persone). E questa maggiore povertà colpisce maggiormente i minori: sono 1 milione 300mila i minori che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, pari al 13,5% del totale dei minori. In altre parole, la percentuale di minori poveri è più alta della percentuale complessiva: ciò è primariamente dovuto alla maggiore vulnerabilità economica delle famiglie monogenitoriali, ma soprattutto alla condizione delle famiglie numerose (3 figli e più). Avere figli espone maggiormente al rischio povertà – il che, in un Paese che legittimamente pretende di essere ad elevato sviluppo sociale ed economico, come il nostro, tra le più grandi economie mondiali, è francamente intollerabile.
In questo scenario c’è una misura che forse potrebbe avviare un efficace contrasto alla crisi di speranza e di progetto sul futuro delle famiglie italiane, di cui la crisi della natalità e efficace indicatore: l’assegno unico universale, che dal 1° marzo 2022 è entrato in vigore in modo definitivo, dopo una prima sua implementazione parziale e sperimentale nel 2021. In generale (e in estrema sintesi), le famiglie potranno ricevere fino a 175 euro al mese per ogni figlio minore, fino all’età di 21 anni. Certo, la cifra è bassa, se confrontata con le più recenti stime sul costo medio di un figlio (circa 650 euro, Neodemos), però non è una quota marginale, ed è finalmente strutturale, permanente, e tendenzialmente per tutti. Certo, è sottoposto alla prova Isee (quindi decrescente), ma in ogni caso 50 euro al mese sono riconosciuti a tutti.
La procedura per l’assegno unico 2022 è molto burocratizzata (bisogna fare un richiesta all’Inps, presentare documenti, chiedere aiuto ai Caaf), ma i limiti sono chiari e definiti. Già nelle stime si prevede che poco più del 10% delle famiglie, tra i lavoratori dipendenti, potrebbero perderci, dato che l’assegno unico 2022 cancella quasi tutti gli altri interventi oggi presenti in busta paga. Ma per i primi tre anni è stata introdotta una sorta di “clausola di salvaguardia”, per chi si troverà in questa situazione, e in prospettiva avere un’unica misura universale come quella dell’assegno unico dovrebbe davvero contribuire a semplificare il sostegno alle famiglie con figli.
Ovviamente non è realistico aspettarsi dall’assegno unico 2022 un impatto diretto particolarmente forte ed immediato sulla natalità e sulla progettualità futura delle famiglie italiane. I nuovi genitori dovranno “abituarsi all’idea” e sarà importante un attento monitoraggio – oltre che, prevedibilmente, una revisione del suo funzionamento, anche in vista di un suo potenziamento. Però, in uno scenario globale pieno di ombre e di criticità, questa misura è un elemento solido e certamente positivo a sostegno di speranza e di progetto per tutte le famiglie con figli. Non dimentichiamo poi un ultimo aspetto, particolarmente importante anche dal punto di vista simbolico: il fatto che l’assegno unico 2022 viene erogato a partire dal settimo mese di gravidanza (due mesi prima della data di nascita presunta), a testimoniare la piena titolarità giuridica della vita nascente, già nel grembo della madre. Un importante segnale di rispetto della dignità della vita, che appare in sorprendente controtendenza rispetto a tante proposte legislative oggi in discussione.
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