Non è facile per le famiglie, questo momento storico: dopo lo shock della pandemia, che per molte famiglie è stato anche di forte impoverimento economico, è arrivato subito l’impatto della guerra in Ucraina, con un improvviso e persino drammatico aumento del costo dell’energia (per la verità in gran parte figlio della speculazione finanziaria, con gli occhiali di oggi), ad alimentare ulteriormente una ripresa dell’inflazione che è arrivata anche a doppia cifra.
Una dinamica di altri tempi, che le famiglie (la società) presenti negli anni Ottanta del secolo scorso ben conoscevano, e che sapevano gestire in qualche modo, ma che oggi, dopo lunghi anni di inflazione praticamente a zero, ha pesantemente disorientato troppi nuclei.
Ogni famiglia ha toccato con mano che i costi di quasi tutti i beni sono schizzati all’insù (del 30%, o del 50%, a volte più che raddoppiati), mentre lo stipendio – quando c’è – rimaneva pericolosamente fermo. Per non parlare poi delle migliaia di persone che avevano un mutuo per la casa… Cresce il numero di famiglie povere, cresce il numero di bambini in famiglie povere, e cresce il senso di incertezza, di sfiducia nel futuro, di instabilità.
Le politiche pubbliche hanno cercato in vario modo di intercettare queste difficoltà, con diversi strumenti: dai ristori e cassa integrazione in tempo di pandemia al Reddito di cittadinanza, dai bonus bollette all’assegno unico, per arrivare anche alla riduzione del cuneo fiscale (più soldi in busta paga – però solo per i lavoratori dipendenti…), cercando di utilizzare in molti modi anche la leva fiscale. Inoltre, il finanziamento di questo gigantesco sforzo delle politiche pubbliche è stato costruito da un lato con una “spesa a debito” che ha fatto aumentare il debito pubblico di quasi 20 punti percentuali (effetto pandemia), dall’altro con gli oltre 200 miliardi europei del Pnrr. Risorse decisive, che era doveroso investire, che però lasciano pesanti strascichi, sia nel breve che nel medio periodo.
Quest’anno, infatti, a causa del maggior debito pubblico e della crescita dell’inflazione, pagheremo quasi 100 miliardi di interessi “inutili” di puro costo del debito, che vengano tolti a possibili politiche dirette a favore delle famiglie e delle imprese. Inoltre, la maggior parte dei finanziamenti del Pnrr non è “a fondo perduto”, ma sono prestiti, che dovremo certamente restituire nei prossimi anni – anche in questo caso, togliendoci opportunità di nuove politiche attive. Insomma, questo momento storico sta scaricando costi crescenti sulle generazioni future: cioè sui giovani e sui bambini di oggi, che poi, quando lavoreranno, dovranno ripagare quello che serve spendere oggi.
Per questo è importante verificare quanto viene investito oggi sulle politiche familiari: perché è doveroso ripristinare maggiore equità intergenerazionale, spostando già oggi risorse consistenti a favore delle generazioni più giovani. E quindi, ad esempio, finanziando in modo molto più deciso l’Assegno unico universale, perché le risorse dell’assegno unico sostengono le famiglie con figli, quelle cioè che investono la propria vita sulle nuove generazioni, che saranno poi quelli che dovranno ripagare i debiti di oggi. Quindi, sono sicuramente pochi i 16 miliardi già impegnati nel 2022, pur nell’apprezzamento complessivo che l’assegno unico merita.
Serve sostenerlo di più: basta un numero per dare l’ordine di grandezza necessario: oggi chi fa domanda senza presentare l’Isee (quindi i redditi più alti) riceve la quota minima, che è pari a 54,10 euro al mese (i 50 euro di partenza della legge più l’inflazione, 8% in più). In Germania la quota – per tutti! – si colloca attorno ai 200 euro mensili. Non dico che si dovrebbe quadruplicare la spesa per le famiglie… ma questo è il necessario orizzonte-obiettivo macro-economico di politica pubblica: le risorse per le giovani famiglie devono crescere in modo esponenziale, pena l’inefficacia degli interventi, e il conseguente inasprimento anche dell’inverno demografico, che diventerà sempre più gelido, e che paralizzerà sempre di più lo sviluppo futuro del Paese.
Il Governo nel Def per il prossimo triennio si è esplicitamente impegnato in questa direzione, ma i numeri reali dell’impegno non sembrano orientati a potere generare un reale “salto di qualità e quantità” delle politiche familiari: quindi occorre domandarci seriamente se il sostegno alla famiglia è priorità reale – e non solo affermata – nell’agenda del Paese. Un deciso rafforzamento delle risorse complessive per l’assegno unico – e dell’ammontare dei singoli assegni – è irrinunciabile oggi.
Un altro banco di prova immediato sarà l’attuazione della riforma fiscale, altra possibile leva di riequilibrio generazionale delle politiche pubbliche. Se i carichi familiari non verranno adeguatamente riconosciuti come variabile strutturale, su cui fare la differenza del prelievo fiscale, ma ci si limiterà a piccoli aggiustamenti, l’efficacia resterà minima. Se sarà così, ci sarà da una lato la conferma che direzione intrapresa è quella giusta, cioè sostenere di più le famiglie, ma lo striscione del traguardo resterà sempre laggiù, ancora ben lontano agli occhi dei giovani, mentre la strada si farà sempre più in salita. Il tempo delle politiche per la famiglia è adesso: le risorse per il sostegno alle famiglie con figli servono subito. Perché il futuro si costruisce oggi.
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