L’introduzione dell’Assegno unico universale per i figli (accompagnato anche dall’approvazione del Family Act) rende il 2022 (Governo Draghi, ministro Elena Bonetti) un anno sicuramente importante nella storia delle politiche familiari del nostro Paese, soprattutto perché, diversamente da tanti altri interventi normativi, si tratta di una misura permanente, finanziata in modo strutturale (e non marginale), tendenzialmente universalistica, e che accompagna la vita dei figli fino ai 21 anni. Questo strumento può finalmente aiutare a perseguire efficacemente due obiettivi di bene pubblico: da un lato restituire alle famiglie con figli un po’ di quella equità fiscale che l’attuale sistema non garantiva, attraverso un sostegno diretto per ogni figlio; dall’altro, contribuire a rimettere in moto la natalità nel nostro Paese, arrivata ormai a dimensioni non più solo da “inverno  demografico”, ma da vero e proprio “suicidio demografico”.



Avrebbe potuto essere così anche il 2012 (Governo Monti, ministro Andrea Riccardi), anno in cui venne approvato il primo Piano nazionale per la famiglia, esito di un lungo lavoro avviato dalla Seconda conferenza nazionale sulla famiglia di Milano (2010) e grosso modo corrispondente alle priorità e alle linee di azione del 2022. Peccato che proprio il Governo Monti cancellò dal Piano tutto il paragrafo già inserito nella bozza di Piano relativo alle politiche fiscali (tranne il paragrafo sull’Isee!), escludendo qualsiasi intervento sul quoziente familiare (o sul FattoreFamiglia, la proposta allora avanzata dal Forum delle associazioni familiari), lasciando quindi senza risorse il Piano stesso, poi sostanzialmente rimasto chiuso – ed inattuato – nei cassetti di qualche scrivania ministeriale.



Peccato però – per tornare ai giorni nostri – che lo stesso Governo Draghi, già dimissionario, sempre nel 2022 abbia approvato il pessimo storno di circa 630 milioni di euro, allocati per l’Assegno unico e non spesi nell’arco del 2022, che invece di essere utilizzati per rifinanziare/potenziare questo stesso strumento (o già nel 2022, o magari come risorse aggiuntive per il 2023), sono andati a riempire i vuoti di altre linee di bilancio. Né conforta l’idea che “saranno comunque spesi per le famiglie”, magari nella forma di riduzione del cuneo fiscale. Perché proprio questo è stato il problema delle politiche familiari in Italia, in tutti gli scorsi anni: pensare che sostenendo gli individui si sostenessero automaticamente anche le famiglie.



Già da subito, peraltro, le conseguenze a medio-lungo termine della pandemia e l’impatto della grave crisi economica ed energetica innescata dalla guerra in Ucraina sulla concreta quotidianità delle famiglie chiedono urgenti misure. La percentuale di famiglie povere è infatti ulteriormente cresciuta, ma anche moltissime famiglie di ceto medio (quelle che superano, magari di poco, le soglie Isee per interventi sociali) fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese. Inoltre le recenti fiammate dell’inflazione, come ricorda anche l’Istat, hanno un impatto maggiore sulle famiglie con redditi più bassi rispetto a quello delle famiglie più ricche: nel secondo trimestre 2022, con un inflazione media all’8,4%, la più alta dal 1986, il 20% più povero delle famiglie ha subito un’inflazione del 9,1%, il 20% più ricco del 6,1%.  Non dimentichiamo poi che sia l’aumento dei costi dei servizi (energia, trasporti, cibo) che l’imposizione indiretta basata sui consumi (Iva e altre tasse sulle utenze) penalizzano inevitabilmente i nuclei più numerosi (più docce, più cibo, case più ampie da riscaldare, macchine più grandi da utilizzare…), e questo è un fattore di ulteriore penalizzazione, soprattutto in assenza di un fisco a misura di famiglia.

Disuguaglianze e vulnerabilità socio-economiche crescono quindi per un numero consistente di famiglie italiane, e gli aumenti dei costi dei beni indispensabili rischiano di colpire più pesantemente le famiglie più numerose, quelle con più figli, non solo con redditi bassi ma anche con redditi medi, aumentando l’area della vulnerabilità socio-economica.

Insomma: mantenere stabilmente la famiglia al centro delle priorità della politica e delle scelte di Governo è una strada ancora lunga e piena di insidie, ben al di là dei vari impegni e promesse della campagna elettorale. Staremo a vedere, non solo e non tanto leggendo i programmi elettorali prima del 25 settembre (che pure vanno considerati), quanto analizzando le concrete iniziative che il futuro Governo e Parlamento vorranno e sapranno approvare e realizzare.

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