L’assegno unico 2024 è stato promosso ed elargito per la prima volta nel mese di marzo scorso (2023). Il contributo economico viene pagato mensilmente dall’INPS e le cifre possono variare (in base al reddito ISEE) da 57€ fino a 199,40€.

Ma per la seconda volta dalla sua comparsa è finito nel mirino dell’Unione Europea. Questa volta Bruxelles accusa l’Italia di aver promosso un beneficio economico “discriminatorio“. Ma vediamo per quale motivo e quali potrebbero essere i rischi connessi al contributo economico.



Assegno unico del 2024 sotto il mirino dell’UE: che succede?

Per ottenere il pagamento dell’assegno unico 2024 occorre soddisfare delle condizioni: avere dei figli a carico (fino a 21 anni d’età), essere cittadini italiani oppure avere la residenza in Italia da un periodo minimo di due anni.

Ed è proprio su quest’ultimo punto che per l’Unione Europea casca l’asino: un “lavoratore mobile” che magari si sposta da uno Stato all’altro (Italia inclusa) ma con la residenza in un luogo diverso dalla nostra penisola non percepirebbe la misura.



Per Bruxelles questo requisito è “discriminatorio” perché l’assegno unico escluderebbe in modo “ingiusto” parecchi lavoratori dell’UE solo perché non hanno la residenza in Italia pur lavorando nel Paese e pagando – in parte – le imposte.

Assegno unico 2024, i motivi svelati dall’Unione Europea

I lavoratori che svolgono l’attività in Italia ma senza la residenza da almeno due anni restano esclusi dal percepimento dell’assegno unico. L’unione Europea però in tal senso è stata piuttosto chiara:

Si tratta di una violazione in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione”.



Il principio fondamentale su cui si basa l’UE riguarda proprio l’uguaglianza:

Le persone vanno trattate equamente senza alcuna distinzione basata sulla nazionalità.

Un lavoratore straniero che svolge l’attività in Italia paga le stesse imposte di un qualunque lavoratore locale, dunque non ci sarebbero motivi validi per vietargli la misura sociale.

E inoltre nel documento ufficiale dell’UE – lo stesso approvato dall’Italia – la residenza fiscale non può essere inserita come requisito ai fini di percepire la prestazione accessoria (come ad esempio l’assegno unico).