Italia ripresa dalla Commissione Europea per l’assegno unico universale. Il motivo? Il beneficio è stato definito “discriminatorio” dalla Commissione. Facciamo un passo indietro: la misura finita nel mirino europeo è l’assegno unico e universale per i figli a carico, che può essere richiesto esclusivamente dalle persone che risiedono in Italia da almeno due anni, con l’ulteriore condizione che la residenza sia nella medesima abitazione dei loro figli. Dunque devono vivere nello stesso nucleo familiare dei propri figli.



La Commissione europea ha quindi avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia poiché, secondo il suo parere, questi requisiti violano il diritto dell’Unione Europea. In particolare, l’accusa rivolta all’assegno unico e universale è di non trattare i cittadini europei allo stesso modo, un fatto che per la Commissione si qualifica come “discriminatorio”. Nell’argomentare questa accusa, la Commissione Europea ha sottolineato che secondo il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale è vietato qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni e benefici in materia di sicurezza sociale, come appunto nel caso degli assegni familiari.



Assegno unico universale “discriminatorio”: che cosa farà l’Italia adesso

Assegno unico e universale per i figli a carico, per questa misura in vigore da marzo 2022 l’Italia ha ora a disposizione due mesi per rispondere a quanto messo in luce dalla Commissione Europea, dunque alle accuse di essere “discriminatorio” nei confronti dei cittadini dell’Unione Europea. Qualora il nostro Paese dovesse sottrarsi alla questione, la Commissione UE potrà decidere di inviare un “parere motivato”, cioè una richiesta formale di conformarsi al diritto dell’Unione, spiegando il motivo in base al quale si ritiene che l’Italia stia violando il diritto dell’Unione Europea.



La Commissione Europea si è scagliata anche contro il reddito di cittadinanza, aprendo anche in questo caso una procedura di infrazione. Come quanto già sollevato in merito all’assegno unico e universale per i figli a carico, anche in merito al reddito di cittadinanza è stata sollevata l’accusa di discriminazione per via del requisito della residenza. Infatti, il RdC richiede una residenza di 10 anni per avere diritto al beneficio e, secondo la Commissione Europea, è “più probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio”.