I problemi e gli interrogativi importanti sul presente e il futuro del Paese affrontati e trattati negli ultimi mesi sono tutti molto veri. Tuttavia, c’è un “convitato di pietra” che non viene quasi mai tenuto in debita considerazione: è la natalità.
La famiglia nei mesi di lockdown è stata il vero “petrolio” del nostro Paese: ricordiamo che il settore turistico è crollato in 20 giorni. La famiglia, invece, ha retto. Non solo. Sono stati i nuclei familiari a tenere in piedi il Paese, agendo come sempre da ammortizzatore sociale silenzioso e sempre troppo poco considerato.
Basta guardare il bilancio demografico nazionale 2019 dell’Istat: la diminuzione delle nascite (-4,5%) è di oltre 19 mila unità rispetto all’anno prima. Nel 2019 sono stati iscritti all’anagrafe 420.170 bambini. Con questi numeri, a breve, nessuno si lamenterà per le discoteche chiuse. Nessuna precauzione da prendere nelle scuole, perché saranno vuote. Nessun problema di posti di lavoro, perché non ci sarà più nessuno a occuparli. Dobbiamo aspettare che non nascano più figli per risolvere i problemi principali dell’attualità nazionale?
Dopo il 2050 si prevede una riduzione della popolazione tale che non ci saranno abbastanza persone in età lavorativa in grado di dare allo Stato sociale risorse sufficienti. E saranno i giovani a dover pagare, rinunciando al loro welfare e ai loro investimenti. Ma se aumentano gli anziani e diminuiscono i giovani, chi pagherà per tenere in piedi il sistema?
Il Presidente Blangiardo, presentando il Rapporto Istat 2020, ha spiegato che il calo delle nascite legato al clima d’incertezza associato alla pandemia sarà di poco meno di 10 mila nati: un terzo nel 2020 e due terzi nel 2021. Con il rischio che il prossimo anno i nuovi nati scenderanno a 396 mila in tutto.
La miriade di misure bonus non strutturali che tutti i Governi negli ultimi anni hanno proposto non hanno risolto i problemi del Paese. Li hanno, semmai, dilazionati. Minando, piuttosto, la nostra credibilità in sede di trattativa europea. Papa Francesco ha sottolineato che oggi è necessario parlare non di un’epoca di cambiamento, ma di cambiamento d’epoca. Ecco, bisogna iniziare prendendo coscienza del fatto che i nuclei familiari, insieme al personale sanitario, sono i veri eroi di questo nostro tempo di crisi. Un tempo in cui sarebbe ancora possibile trarre elementi positivi e, anzi, iniziare a rifondare il nostro Paese su basi differenti.
L’economia può essere sostenibile solo se s’inverte il trend delle nascite, anche perché le economie che crescono di più in Europa sono proprio quelle dei Paesi in cui si fanno più figli. Un circolo virtuoso, che si contrappone a quello vizioso di chi per decenni ha pensato solo a tutelare gli interessi particolari. Ma il bene comune, quello su cui si baserà il nostro destino a livello nazionale e internazionale, non è la somma degli interessi particolari.
La famiglia in Italia ha svolto un ruolo di sussidiarietà silenziosa e fattiva, che però ora rischia di diventare “sudditarietà”. Non dimentichiamoci che il coronavirus ci ha portato avanti nel tempo. Quella di marzo e aprile è l’Italia del futuro, quella del 2050, con gli ospedali che non ce la fanno ad assistere i pazienti, con lo Stato che non sa come pagare gli ammortizzatori sociali. Intanto, stiamo accollando sulle spalle delle future generazioni la montagna di debito di questo momento storico: 100 miliardi di euro in appena tre mesi. Risorse che, si badi bene, stiamo sottraendo a loro, al loro futuro, ai loro studi, alle loro passioni. Abbiamo chiesto loro di salvarci e loro neppure lo sanno, ma lo stanno facendo.
L’unico modo che abbiamo per risolvere il problema del debito pubblico, del deficit e dell’inflazione è investire sulla famiglia, sulla natalità e quindi sulla demografia, perché altrimenti collasseranno tutti i parametri di Maastricht. Senza figli aumenterà il debito pubblico, se non altro perché ci saranno più anziani, meno popolazione attiva e saranno più costosi gli oneri contributivi e fiscali. Non a caso, il “baby-boom” ha coinciso con un momento bellissimo e di grande benessere del nostro Paese.
Per questo, quando si parla di Recovery fund, non si può prescindere dal dare priorità all’attivazione di politiche per la famiglia. Il primo passo è l’assegno unico-universale per ogni figlio, che dovrà necessariamente essere fatto attingendo alle risorse del Recovery Fund o inserendolo all’interno della Legge di bilancio. Non c’è una terza opzione sul tavolo. L’unanimità fatta registrare in sede di votazione alla Camera della legge delega è una grande vittoria del Forum delle associazioni familiari. Ora c’è da fare il passo decisivo: è urgente un nuovo patto generazionale. Un nuovo legame concreto tra generazioni che scongiuri il default nazionale. Non ci saranno altri Recovery fund. Se non si fa un vero patto per la natalità, che dia risultato e inverta la rotta, l’Italia non andrà da nessuna parte.