Pare arrivato al nastro di partenza effettivo l’Assegno unico e universale e dal 1° gennaio 2022 i nuclei familiari in possesso dei requisiti richiesti possono presentare domanda all’Inps per il riconoscimento dell’erogazione, che è riferita al periodo compreso tra il mese di marzo dell’anno di presentazione della domanda e quello di febbraio dell’anno successivo. Dal 1° marzo 2022 parte l’erogazione mensilmente per ciascun figlio a carico secondo gli importi e le maggiorazioni previste.
Il provvedimento stima la platea dei soggetti potenzialmente interessati alla misura in circa 7 milioni di nuclei familiari in cui sono presenti circa 9,6 milioni di figli minori e 1,4 milioni di figli maggiorenni con età inferiore ai 21 anni, con complessivamente circa 11 milioni di figli interessati. È un beneficio economico da elargire nell’ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, e dei risparmi di spesa derivanti dal graduale superamento o dalla soppressione di: assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; assegno di natalità (c.d. bonus bebè che esaurirà i propri effetti nel 2021); premio alla nascita (Bonus mamma domani) e fondo di sostegno alla natalità (fondo rotativo inteso a favorire l’accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 2017). Ma per fortuna non assorbirà, né limiterà gli importi del bonus asilo nido.
Nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, si intendono (in futuro?) utilizzare anche le risorse ricavate dal graduale superamento o dalla soppressione delle detrazioni Irpef per i figli a carico e degli assegni per il nucleo familiare. L’obiettivo è un solo sostegno ma a tutt’oggi il reale vantaggio in termini economici deve essere valutato rispetto alla situazione esistente. Inps stima 11 milioni gli assegni con un importo compreso tra 175 euro e 50 euro mensili, in base all’Isee anche se già prevede che molti non presenteranno l’Indicatore della situazione economica equivalente, accontentandosi della cifra minima.
L’assegno unico, che non concorre alla formazione del reddito complessivo, è compatibile sia con eventuali altre misure in denaro a favore dei figli, sia con il Reddito di cittadinanza (viene decurtata dalla quota spettante teorica dell’assegno unico la quota per i figli già prevista dal Rdc), e la spesa per l’assegno unico riassorbita dal Rdc nel 2023 è pari a 780 milioni.
Per la presentazione della domanda è stata introdotta una condizionalità, in base alla quale, «se il secondo genitore non interviene a completare la domanda, il primo genitore richiedente, riceverà solo il 50% dell’assegno».
I nuclei potenzialmente beneficiari sono “attorno all’80%” in tutte le fasce di reddito tranne la più alta, visto che l’assegno sarà legato all’Isee e i nuclei con figli minori si concentrano di più nei quintili di reddito più bassi. Di fronte al rischio che i dipendenti a medio e basso reddito possano rimetterci rispetto alla situazione attuale, si è introdotta una clausola di salvaguardia che prevede una compensazione in automatico per almeno tre anni. Nei dettagli si dovrà capire se la clausola riguarderà la situazione previgente a inizio 2021 o considererà anche la maggiorazione degli Anf introdotta a partire da luglio di quest’anno. La clausola di salvaguardia denota il timore di non riuscire a bilanciare lo scontento di chi ci perderebbe con la soddisfazione di chi ci guadagnerebbe, e si rimandano di qualche anno decisioni scomode.
La possibilità che anche chi non presenta la dichiarazione Isee possa ottenere l’assegno è sbagliata: l’utilizzo dell’Isee, per quanto non esente da criticità, valuta le risorse di una famiglia nella sua interezza, tenendo conto della consistenza del patrimonio e non solo dei redditi che, quando non dichiarati da un sostituto di imposta, potrebbero essere in tutto o in parte evasi. L’universalità dell’assegno può essere garantita chiedendo a tutti i percettori la dichiarazione Isee e l’importo minimo al di sopra di una certa soglia: l’Isee è disponibile per l’autocompilazione anche online e si opererebbe una maggiore equità, lasciando la libertà a chi lo preferisce di non dichiarare il proprio reddito e il proprio patrimonio attraverso l’Isee, ma al costo di non ricevere risorse che sarebbero meglio spese a vantaggio di chi ne ha più bisogno.
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