È stato approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge 8 giugno 2021, n. 79 riguardante il sussidio ponte dell’Assegno unico per i figli 2021, attivo dal 1 luglio, in attesa dell’entrata in vigore della misura universale nel 2022.

 La prestazione è nella Legge di bilancio 2021, nel pacchetto famiglia denominato Family Act, e in attesa di uniformare la norma che comprende le famiglie dei lavoratori autonomi, disoccupati, prima esclusi dai sostegni solo previsti per i lavoratori dipendenti e assimilati (Anf), è stato approvato un decreto che è una  soluzione ponte valida dal 1° luglio fino al 31 dicembre 2021, per le famiglie con figli a carico fino al 21° anno di età e per le madri fin dal 7° mese di gravidanza.



L’Assegno unico verrà erogato mensilmente, per 12 mesi e con importi stabiliti a seconda del totale Isee lordo presentato dalle famiglie.

Domanda e procedura è da effettuarsi tramite Inps entro il 30 giugno 2021 se si intende usufruire dell’assegno già a partire dal mese di luglio e ne attendiamo una circolare esplicativa visti i tempi ristrettissmi. Ricordiamo che l’assegno unico deve in un prossimo futuro sostituire: le Detrazioni fiscali per figli a carico (inclusa quella al quarto figlio); l’Assegno per il nucleo familiare (o Anf); l’Assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; l’Assegno di natalità; il Premio alla nascita; il Fondo di sostegno alla natalità. Il provvedimento comunque dovrà essere chiarito prima della sua definitiva prestazione in quanto, per esempio, l’assegno è compatibile con il Reddito di cittadinanza e con la fruizione di eventuali misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni e dai Comuni e dovendosi uniformare alle previdenze già in vigore non solo a livello nazionale, poiché a decorrere dal 1° luglio 2021 (e fino al 31 dicembre 2021), gli importi mensili dell’assegno per il nucleo familiare già in vigore sono maggiorati – di 37,5 euro per ciascun figlio, in favore dei nuclei familiari fino a due figli; di 55 euro per ciascun figlio, in favore dei nuclei familiari con almeno tre figli -, i conti sono stimati in verità in forma forfettaria.



Ci domandiamo come si finanzia il nuovo Assegno unico: come in tutte le leggi di spesa si prevede la clausola di salvaguardia che richiede attenzione agli aspetti amministrativi e organizzativi. La raccolta delle informazioni necessarie perché l’assegno riformato prenda il posto delle prestazioni vigenti bisogna chiarirle bene perché a oggi non sono a disposizione in modo completo le informazioni necessarie. È quindi essenziale un coordinamento tra Agenzia delle entrate e Inps per la gestione delle informazioni rilevanti e la loro messa a disposizione tempestiva ai beneficiari dell’assegno.



L’assegno è una contribuzione sociale vigente e quindi l’istituto degli assegni al nucleo familiare è finanziato, in parte, con una contribuzione sociale di 0,68 punti percentuali a carico del datore di lavoro, il cui gettito è stimato in circa 2 miliardi. Ma è ovvio il destino di questa contribuzione dopo la riforma, dato che la natura universale dell’Assegno unico rende tale fonte di finanziamento obsoleta. Una soluzione possibile sarebbe la fiscalizzazione di tale contribuzione a carico del bilancio generale delle Amministrazioni pubbliche, nell’ambito di provvedimenti, auspicabili, di riduzione del costo del lavoro che comunque dovrà in futuro essere realizzata. Si potrebbe eventualmente prevedere l’introduzione di una forma di contribuzione sociale speciale a carico dei redditi di lavoro autonomo, che traggono, relativamente, i vantaggi più ampi dalla riforma dell’Assegno unico. La misura di questa contribuzione aggiuntiva dovrebbe naturalmente essere proporzionata al peso di quella attualmente in vigore per il lavoro dipendente.

Si ritiene tuttavia che la soluzione della fiscalizzazione rappresenti l’esito più razionale di questo aspetto del finanziamento. Il grande vantaggio della fiscalizzazione, rispetto alla soluzione contributiva, sta nel fatto che in questo modo l’intera collettività – compresi i pensionati, una categoria peraltro finora più protetta delle altre dalle conseguenze della crisi economica – viene chiamata a partecipare al costo dei figli, non solo i lavoratori. Consiglio amichevole: collegarsi al sito Inps per avere certezze e chiarimenti.

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