Tra i possibili fallimenti di questo Governo, che per molti versi ha proseguito sulla linea di quello precedente, c’è il tanto conclamato “Assegno unico universale“, cioè il finanziamento col quale si tenta di dare un sostegno alle famiglie per il grande merito sociale di fare figli e dare un futuro alla nazione. Sembra un’opera meritoria, ma in realtà nel concreto si tratta di ben poca cosa, che probabilmente si risolverà in minori contributi per le famiglie numerose, cioè quelle più bisognose.
Qui non di tratta di un giudizio politico, ma di puri numeri. Anche se è vero che i fondi destinati alla famiglia passano dagli attuali 15 miliardi a 19 (22 il prossimo anno), è pure vero che si allarga di parecchio la platea dei beneficiari e quindi vi saranno molti che prenderanno di meno.
La norma sostituirà ben sei diverse misure che danno benefici a chi ha figli: si tratta dell’assegno ai nuclei con almeno tre figli minori; dell’assegno di natalità; del premio alla nascita o all’adozione; del fondo di sostegno alla natalità; delle detrazioni Irpef per figli a carico; dell’assegno per il nucleo familiare.
L’AUU (Assegno unico universale) assegna una somma variabile per ogni figlio (con un tetto massimo di 250 euro) a seconda dell’Isee, quindi è facile capire che una famiglia numerosa, per mantenere la quale probabilmente lavorano tutti e due i genitori, verrà svantaggiata, come mostrano alcune proiezioni autorevoli, a conferma delle quali c’è anche una valutazione dell’Istat, per il quale circa il 30% delle famiglie riceverà di meno, mentre la gran parte di quelli che prenderanno qualcosa in più sono famiglie che prima non ricevevano nulla. Ma sono comunque briciole. Basti considerare che la spesa dello Stato per le famiglie è di circa l’1,1% del Pil, che ora passerà all’1,5%, contro una media europea pari al 2,2%. Ma in Europa non c’è la drammatica situazione della natalità italiana, che dopo decenni di vacche magre richiederebbe cifre ben superiori.
Vale per tutti l’esempio dell’Ungheria. Le misure straordinarie sono state le seguenti: prestito di 30 mila euro per ogni coppia di sposi, restituzione azzerata alla nascita del terzo figlio, esenzione a vita dalle tasse alla nascita del quarto figlio, prestito a condizioni agevolate per l’acquisto della prima casa, congedo parentale anche per i nonni, espansione della rete di asili nido, un ulteriore sussidio per l’acquisto di auto a 7 posti per le famiglie numerose.
Di fatto con queste misure il governo di Orban è arrivato a investire per la famiglia il 5% del Pil, una cifra colossale, che paragonata al Pil italiano vorrebbe dire una somma di circa 80 miliardi, non i miseri 22 previsti forse per l’anno prossimo. E grazie a queste misure il tasso di natalità in Ungheria, sempre intorno a 1,3 nascite per donna dal 2000 al 2010, è salito fino all’attuale 1,55 nati per donna. E mentre il tasso di natalità tedesco è in leggero miglioramento, vicino a quota 1,6, quello italiano continua a peggiorare e da 1,45 di dieci anni fa ora è sotto 1,29. Con questi numeri non ci vuole uno statistico per capire che il welfare non può reggere e il primo a saltare sarà il sistema pensionistico, che di fatto si tiene sui contributi versati da quelli che oggi lavorano.
La scelta miope degli ultimi decenni di non investire a sufficienza sulla famiglia, di fatto proseguita da questo Governo, al di la delle dichiarazioni di facciata, può portare solo al disastro.
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