Non è chiaro se il Governo procederà già questa settimana al varo del decreto attuativo relativo all’Assegno unico per i figli, fornendo quindi tutti i dettagli su una misura destinata a sostituire detrazioni e deduzioni oggi presenti con un’erogazione di carattere universale, il cui importo (variabile dai 50 ai 180 euro al mese per figlio) sarà parametrato sull’Isee. Nei giorni scorsi è stato chiarito che l’Assegno unico partirà da marzo per consentire di raccogliere la documentazione necessaria e presentare la domanda all’Inps nei mesi di gennaio e febbraio.



Un’operazione che, a quanto pare, andrà ripetuta ogni anno. Si parla anche di maggiorazioni nel caso di figli disabili, di famiglie con almeno tre figli o in cui lavorino entrambi i coniugi. La Uila ha però lanciato un allarme perché c’è la concreta possibilità che “centinaia di migliaia di famiglie di lavoratori dipendenti” percepiscano un importo inferiore rispetto a quello che oggi ricevono in busta paga. In attesa delle decisioni dell’esecutivo abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, secondo cui «è importante ricordarsi anzitutto di cosa sia il salario. Per gli economisti classici – stiamo quindi parlando dell’inizio dell’Ottocento – il salario doveva consentire al lavoratore, a sua moglie e ai suoi figli, di vivere dignitosamente».



Perché ritiene così importante questa sorta di premessa?

Perché aiuta a capire che interventi di questo tipo non dovrebbero essere considerati come una sorta di “elargizione”, ma come parte del reddito da lavoro di tutta la famiglia, e a ricordare che le risorse erogate dovrebbero servire a garantire una vita dignitosa anche ai figli. Detto questo, l’Assegno unico sembra essere un passo in avanti rispetto al passato, ma occorre dire con chiarezza che negli altri Paesi europei c’è un’attenzione maggiore della nostra ai figli, sia per quel che riguarda le risorse “cash” che vengono erogate, sia per quel che concerne tutti quei servizi che consentono la cosiddetta conciliazione lavoro-famiglia. Servizi che ovviamente costano. Basti pensare, per esempio, al doposcuola piuttosto che alla babysitter.



Ci sono dei dati che aiutano a capire quanto maggiore sia l’attenzione degli altri Paesi europei per i figli?

Sì. Prendiamo i dati riferiti al 2019, a prezzi costanti con base 2010, pro capite. Per quanto riguarda le risorse “cash”, in Italia si parla di 252 euro, contro i 460 della Francia e i 720 della Germania. Se guardiamo ai servizi, invece, abbiamo 54 euro per l’Italia, 323 per la Francia e 513 per la Germania. Facendo la somma delle due voci, abbiamo complessivamente 306 euro per l’Italia, 783 per la Francia e 1.233 per la Germania. Direi che sono cifre che parlano da sole.

Questa era la situazione del 2019. Dopo l’Assegno unico cosa cambia per il nostro Paese?

Credo che l’impegno reale sui temi famiglia e figli resti ancora complessivamente irrisorio. Va detto anche se da un lato è lodevole il tentativo di semplificare portando in un’unica erogazione tutte le detrazioni e deduzioni oggi presenti, in realtà di semplificazione, da quello che si capisce, concretamente ce ne sarà poca, anzi sembra che possano sorgere complicazioni considerando la documentazione che ogni anno bisognerà presentare. L’Assegno unico sembra anche cambiare la distribuzione delle risorse: ci sarà una platea più ampia, ma questo potrebbe comportare che qualcuno prenderà meno di prima.

In effetti, la Uila ha già lanciato l’allarme su questo…

Sì, c’è effettivamente la possibilità che alla fine ci siano famiglie che riceveranno meno risorse di prima. A meno che non venga prevista una seria clausola di salvaguardia. Le risorse utilizzate a tale scopo, però, rappresenterebbero una specie di toppa per sanare un modello che evidentemente non sarebbe del tutto coerente.

Dunque l’Assegno unico andrà quanto meno migliorato in futuro.

È da vedere non come un punto di arrivo, ma semmai di avvio. Ovviamente bisognerà fare in modo che vi sia una semplificazione reale: presentare la domanda ogni anno per ottenere l’Assegno unico non va bene. Bisognerebbe poi aumentare le risorse complessive, altrimenti continuerebbe a persistere una situazione simile a quella di una lotteria di “cittadinanza”: un bambino che nasce in Francia ha più risorse rispetto a chi ha la “sfortuna” di nascere in Italia.

Sembra quasi tra l’altro che non esista una cittadinanza europea a questo punto. Non servirebbe un fondo, un programma per il sostegno alle famiglie e ai figli visto che il problema demografico riguarda tutta Europa?

Sì, il problema demografico è effettivamente comune a tutta l’Europa. Ora esiste lo European Child Guarantee, è anche ben fatto, ma riguarda i bambini vulnerabili, bisognerebbe forse fare di più. Ma nel frattempo è importante che i Paesi che sono più indietro, come il nostro, si diano maggiormente da fare.

(Lorenzo Torrisi)

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