L’annuncio da parte del Governo di un imminente bando pubblico per la selezione di 60.000 volontari destinati a vigilare sull’attuazione delle misure di prevenzione anti-Covid ha suscitato numerose critiche riguardanti in particolare l’opportunità di affidare missioni di questo tipo a personale improvvisato. Stupisce il fatto che tale critica provenga in particolare  dalla ministra dell’Interno Lamorgese, la  principale autorità  preposta a tale scopo, che fa presente  di non essere stata nemmeno consultata sull’intesa raggiunta tra il ministro per gli Affari regionali Boccia e il Sindaco di Bari Decaro, nella qualità  di presidente pro tempore dell’Anci.



Il ridimensionamento degli obiettivi dell’intervento sul tentativo di dare una mano agli enti locali per rafforzare  i programmi di aiuto verso le persone in difficoltà rende ancor meno comprensibile il valore di un’operazione nazionale di questo genere, per  modalità e competenze   che potrebbero essere gestite con più efficacia e immediatezza dagli stessi Comuni. Tutto questo conferma lo stato di confusione e l’improvvisazione che sta caratterizzando molti dei provvedimenti adottati dal Governo. Nel giro di due settimane abbiamo assistito a tre episodi sconcertanti.



L’annuncio da parte del Commissario Arcuri dell’immediata disponibilità  di mascherine e guanti a prezzo calmierato, che i cittadini faticano ancora a trovare. Un’improvvida intervista del Presidente dell’Inps Tridico che vanta i risultati di un massiccio trasferimento di risorse dallo Stato ai cittadini, che sta affossando i già  precari equilibri dell’istituto di previdenza sociale, e infine l’incidente dei 60.0000 vigilantes, con la segreta volontà di mobilitare con modalità  improvvisate l’ennesimo esercito di persone a cui garantire un’assistenza futura.



Prevale la tentazione di comunicare risultati ancor prima della concreta attuazione dei provvedimenti, accentuata da un’assurda competizione tra le forze che sostengono la maggioranza e di quelle dell’opposizione, rivolta ad assecondare ogni sorta di rivendicazioni, indifferentemente dal danno oggettivo provocato dalle misure di lockdown sulle attività  produttive.

In materia di politiche del lavoro, il Governo è  riuscito a inserire nel recente decreto una sanatoria per l’utilizzo di immigrati senza permesso di soggiorno, anche per la finalità di rimediare la carenza di personale nelle raccolte agricole stagionali, a esentare per 4 mesi i beneficiari del reddito di cittadinanza e dei sussidi di disoccupazione dal dover accettare ogni sorta di nuove proposte di lavoro, compreso l’obbligo di svolgere i lavori di pubblica utilità promossi dagli enti locali, e di autorizzare gli stessi beneficiari a lavorare mantenendo i sussidi in aggiunta alle nuove retribuzioni. Cioè con una retribuzione ampiamente  maggiorata rispetto ai colleghi di lavoro.

Una deriva imbarazzante, persino offensiva per la miriade di imprese, lavoratori dipendenti e autonomi che devono fare i conti con una ripresa delle attività dagli orizzonti incerti e, per molti di loro, persino in condizioni prive di ritorni economici. Eppure l’emergenza del coronavirus poteva essere l’occasione per ridare un senso alle inutili politiche attive del reddito di cittadinanza e per offrire un ambito di impegno ai navigator, che continuano a essere pagati per far finta di trovare posti di lavoro per persone esentate dal doverli accettare. Perfino per utilizzare gli sbandierati progetti di utilità sociale per concorrere insieme alle associazioni del Terzo settore all’assistenza delle persone in condizioni di difficoltà negli ambiti territoriali.

Non servivano nemmeno nuove norme, tutte cose già  previste per legge e coperte da finanziamenti.

Il fatto che la crisi sia stata indotta da fattori esterni, e che lo Stato debba assumersi in questa fase il compito di sostenere le attività  produttive e i redditi delle persone, non deve far trascurare che tutto questo sta comportando nuovi debiti che dovranno in qualche modo essere onorati. Contrariamente a quanto ventilato da alcuni burloni, di fronte a noi non abbiamo una nuova stagione dei diritti, ma l’esigenza di utilizzare le risorse disponibili con efficienza e di valorizzare l’intraprendenza delle persone.

Non comprendere l’importanza dei valori e dei comportamenti per la finalità di accelerare  la ripresa economica e della nostra stessa vita comunitaria è probabilmente l’errore più  grave che sta compiendo una buona parte della nostra classe dirigente. Ma attenzione, chi semina zizzania è  destinato a raccogliere tempesta.

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