Ci si è spesso chiesti, con preoccupazione evidente in questi due anni di pandemia, anche su queste colonne, quanto a causa del Covid-19 i cittadini del nostro paese abbiano dovuto rinunciare a farsi curare (o per lo meno a ritardare le cure) per patologie diverse da quelle associate alla presenza del virus. Il grido di dolore di molti specialisti, oncologi in particolare, si è rivolto soprattutto alla rinuncia di molti pazienti ad effettuare le prestazioni ambulatoriali (o a ritardarne l’esecuzione), anche se per il momento non vi è ancora grande documentazione di quali siano nello specifico le attività che hanno subito le maggiori riduzioni.



Un primo elemento utile per riempire questo gap informativo si è materializzato in questi giorni: si tratta del Rapporto 2021 del Programma Nazionale Esiti (PNE) curato da Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), con la collaborazione di Ministero, Iss, Regioni e altre istituzioni, che è dedicato allo studio dell’andamento dal 2015 al 2020 delle prestazioni di ricovero ospedaliero e che presenta informazioni su alcuni indicatori regolarmente monitorati dal Programma (per i dettagli si rimanda al testo del rapporto).



Da questo Rapporto si possono estrarre notizie relativamente ai ricoveri che maggiormente hanno subìto nello scorso 2020 riduzioni numericamente molto significative di attività.

Non tutte le aree dell’assistenza ospedaliera sono esplorate dal PNE, e tra quelle esplorate (cardiovascolare, cerebrovascolare, digerente, malattie infettive, muscolo-scheletrico, oncologia, otorinolaringoiatria, pediatria, perinatale, respiratorio, urogenitale) solo per alcune di esse sono riportati nel Rapporto i relativi risultati. Inoltre, alcuni elementi di assistenza ospedaliera (esiti cardio-cerebrovascolari, ospedalizzazioni potenzialmente evitabili, accessi impropri in pronto soccorso) sono utilizzati per valutare indirettamente l’assistenza territoriale.



In termini generali, il Rapporto conclude che “La pandemia di Covid-19 ha avuto un forte impatto sui servizi sanitari, determinando un aumento della domanda di prestazioni urgenti. Questo ha portato in molti casi a tralasciare, o quantomeno a differire, l’assistenza in elezione, con esiti ancora non pienamente valutati dal punto di vista della salute della popolazione”. Per giungere a questa affermazione sono state analizzate le SDO (Schede di Dimissione Ospedaliera) relative a tutti gli episodi di ricovero avvenuti tra il 2015 e il 2020 nelle circa 1.300 strutture ospedaliere pubbliche e private del nostro paese, ne è stato valutato l’andamento tra il 2015 e il 2019 arrivando a stimare il numero atteso di ricoveri nel 2020 se non ci fosse stata la pandemia: con questo valore atteso è stato poi paragonato il numero di ricoveri realmente osservato nel 2020.

Sempre in termini generali, il Rapporto segnala che “Nella congiuntura della pandemia, tutta la chirurgia elettiva ha subìto una marcata riduzione, soprattutto per la quota (prevalente) di interventi non strettamente legati a condizioni di urgenza”; inoltre osserva che “nel 2020 la riduzione è stata molto più marcata nelle strutture pubbliche (-34,3%) rispetto a quelle private (-17,0%)”, secondo una dinamica temporale (si veda esemplificativamente la Figura 1) che ha visto nella prima fase della pandemia (marzo-maggio) tutte le tipologie di ospedali ridurre la propria attività, ma in seguito gli ospedali privati sono stati meno influenzati dall’andamento pandemico, riportandosi su volumi di attività paragonabili al 2019 (o addirittura superiori), anche dopo ottobre 2020 (inizio della seconda fase della pandemia).

Figura 1. Andamento mensile del numero di interventi di protesi d’anca, per istituti pubblici e privati accreditati. Italia 2019-2020 (Fonte: Agenas, Rapporto PNE 2021)

Guardiamo alcuni tra i risultati di maggiore rilevanza. Nell’area cardio e cerebrovascolare i ricoveri per infarto miocardico acuto e quelli per ictus ischemico hanno visto una riduzione del 12% e dell’11% e un leggero aumento della mortalità a 30 giorni di distanza dall’ammissione in ospedale (rispettivamente dello 0,4% e dell’1%). Più elevata è risultata la riduzione dei ricoveri per intervento di bypass aorto-coronarico isolato (-24%) e per valvuloplastica o sostituzione di valvola (-22%), ma per questi interventi non si è osservata alcuna variazione tra il 2019 e il 2020 nella mortalità a 30 giorni dall’ammissione.

Passando all’area muscolo-scheletrica, i ricoveri per frattura del collo del femore sono diminuiti dell’8% con una mortalità a 30 giorni che è passata dal 5,1% del 2019 al 6,4% del 2020. Ben più elevata è la riduzione dei ricoveri per la chirurgia protesica: si passa dal -18% per la protesi di anca, al -23% per la protesi della spalla, fino al -27% per la protesi di ginocchio.

Del tutto diversa si presenta la situazione per i parti: la diminuzione dei ricoveri in corso da tempo è continuata nel 2020 senza essere influenzata dalla presenza del virus. Anche i parti con taglio cesareo non risultano influenzati dal virus, ma la loro quota continua a essere elevata (segnale di inappropriatezza) e diversamente distribuita per regione (Figura 2).

Figura 2. Proporzione di parti con taglio cesareo primario per Regione. Italia 2019-2020 (Fonte: Agenas, Rapporto PNE 2021)

Un’altra area esplorata dal Rapporto è quella della chirurgia oncologica, dove sono presentate informazioni relative agli interventi per tumore maligno della mammella, per tumore del colon e per tumore del polmone, che risultano ciascuno diminuiti dell’11%, e per interventi per tumore della prostata, che mostrano una riduzione del 18% (Figura 3). Per il tumore della mammella, come indicatore di esito il Rapporto esamina il reintervento entro 120 giorni dopo un intervento conservativo e segnala che tale indicatore non è risultato influenzato dalla presenza del virus.

Figura 3. Numero di interventi per tumore maligno della prostata. Italia 2015-2020 (Fonte: Agenas, Rapporto PNE 2021)

L’ultima prestazione chirurgica che il Rapporto esamina è la colecistectomia laparoscopica, che vede nel 2020 una riduzione del 29% delle attività rispetto all’atteso, riduzione che è stata molto più marcata nelle strutture pubbliche (-34%) rispetto a quelle private (-17%). Nessuna variazione si osserva invece per l’indicatore “degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni”, segno che la presenza del virus non ha modificato il livello di appropriatezza di questo intervento.

Infine, il Rapporto tenta di gettare uno sguardo sull’assistenza territoriale, ma lo fa in maniera indiretta attraverso lo strumento della cosiddetta “ospedalizzazione evitabile”, cioè quell’insieme di ricoveri che potrebbero essere evitati qualora si fosse in presenza di un’assistenza sanitaria territoriale adeguata.

Nello specifico vengono esaminati i ricoveri per complicanze del diabete, a breve e lungo termine, che sono passati dallo 0,38‰ del 2019 allo 0,30‰ del 2020; i ricoveri per broncopatia cronico ostruttiva (BPCO) che sono passati dall’1,84‰ all’1,07‰; i ricoveri per trattamenti sanitari obbligatori (TSO) che dallo 0,12‰ sono passati allo 0,09‰.

Sono risultati che meritano innanzitutto di essere approfonditi, ma di per sé suggeriscono già diverse, per quanto iniziali e incomplete, considerazioni.

Associare la riduzione delle attività di ricovero alla presenza del virus è inevitabile, anche se il virus non è necessariamente l’unica spiegazione degli andamenti osservati: per ogni tipologia di evento esaminato, ad esempio, il Rapporto offre alcune motivazioni possibili per la riduzione registrata nelle attività ospedaliere. D’altra parte, l’andamento temporale (mensile) dei ricoveri del 2020 vede in generale una riduzione particolarmente evidente nei periodi di maggiore diffusione del virus (marzo-maggio, novembre-dicembre), come mostra esemplificativamente la figura che segue, andamento che ha caratterizzato (anche se non tutti) una buona parte degli indicatori esaminati.

Figura 4. Numero di ricoveri per infarto miocardico acuto, per mese di attività. Italia 2019-2020 (Fonte: Agenas, Rapporto PNE 2021)

La riduzione delle ospedalizzazioni registrata nel 2020 rispetto agli andamenti attesi di per sé non è un evento negativo: la riduzione dei ricoveri a rischio di inappropriatezza, ad esempio, è considerata un bene. Da questo punto di vista occorre guardare positivamente alla riduzione osservata nel 2020 di tutte e tre le tipologie di ospedalizzazioni evitabili monitorate dal PNE e presentate nel Rapporto (ricovero per complicanze del diabete, a breve e lungo termine; per broncopatia cronico ostruttiva; per trattamenti sanitari obbligatori, TSO) nell’ipotesi ovvia che quelli evitati siano stati i ricoveri tendenzialmente inappropriati e non quelli considerati invece necessari.

Per valutare però più globalmente l’effetto della riduzione delle ospedalizzazioni sarà poi necessario associare la diminuzione dell’attività ospedaliera con qualche indicatore di salute (la mortalità per patologie, ad esempio) per valutare se effettivamente la rinuncia forzata alle cure documentata, come appare, dal minor numero di ricoveri si sia tradotta anche in un peggioramento dello stato di salute per patologie diverse da quelle connesse alla presenza del virus.

Il confronto proposto dal Rapporto con la mortalità del periodo marzo-aprile 2020 è poco significativo e non tiene conto dell’impatto complessivo della pandemia nel 2020, ma qualche piccolo aumento nella mortalità a 30 giorni dall’ammissione per alcuni eventi (infarto miocardico acuto, ictus ischemico, frattura del collo del femore) è un segnale (per quanto debole e incerto) da non trascurare.

Il Rapporto propone anche confronti di tipo territoriale (differenze tra Nord, Centro e Sud, o più dettagliatamente tra regioni), ma considerata la differente diffusione temporale che il virus ha avuto nel nostro paese bisogna aspettare che si completi la raccolta dei dati di ricovero del 2021 per avere un confronto territoriale significativo e non distorto di come il Servizio sanitario ha mostrato (ovvero non ha mostrato) capacità di resilienza a livello regionale: il dato relativo al solo 2020 non può essere significativo dell’eventuale diversa risposta alla pandemia che i Servizi sanitari regionali hanno saputo dare in termini di attività di ricovero ospedaliero.

In sintesi, il Rapporto 2021 del Programma Nazionale Esiti ci consegna, per gli indicatori presi in esame, un Servizio sanitario che durante il periodo (2020) caratterizzato maggiormente dalla presenza del virus (mesi di marzo-maggio e di ottobre-dicembre) ha sicuramente ridotto le attività programmabili, le attività in elezione, a volte di più e a volte di meno, ma in tutte le aree ospedaliere esaminate, e dalla riduzione sono risultate interessate anche attività d’urgenza (come i ricoveri per infarto miocardico acuto o per ictus ischemico). Solo i parti, sia naturali che con taglio cesareo, non appaiono influenzati dalla presenza del virus.

Generalmente invariate sono risultate invece le performance del Ssn dal punto di vista degli esiti, che per la maggior parte degli indicatori esaminati non sembrano aver subìto effetti rilevanti dalla pandemia, anche se qualche (seppur debole) segnale (leggero aumento della mortalità a 30 giorni per alcuni eventi) induce comunque a prudenza nella valutazione.

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