Con un cambio di passo che pochi (pochissimi) si aspettavano, alcuni giorni fa il tribunale di New York ha revocato una delle condanne inflitte contro Harvey Weinstein: una notizia certamente positiva per l’ex produttore che si è così ‘salvato’ da 23 anni di carcere (ma deve comunque scontare gli altri 16 in California), ma potenzialmente anche per Donald Trump. Almeno, questo è quello che crede il legale dell’ex produttore, Arthus Aidala, che ne ha parlato sulle pagine del Corriere della Sera, soprattutto (così spiega), perché il caso Weinstein “mostrerà al giudice Merchan del processo Trump che la Corte d’appello ha il potere di revocare una condanna anche in un caso di alto profilo”.
Sul suo cliente, infatti, ricorda che “non piaceva al 100% e la Corte ha avuto il potere di dire: non è un processo equo, dovete rifare tutto”, mentre l’ex (e forse futuro) presidente americano “a livello nazionale è al 50-50” delle preferenze. “La Corte” continua ancora il legale di Weinstein, “sta dicendo al [giudice di Trump]: ‘Segui le regole. Se non lo fai solo perché hai un imputato famoso, revocheremo”.
Arthus Aidala: “Trump e Weinstein non vengono trattati come cittadini”
Soffermandosi un attimo su Weinstein, Aidala ricorda che “il giudice aveva permesso di parlare di quasi 40 cose che aveva fatto dai 28 ai 68 anni”, una cosa che teme stiano “facendo [anche] con Trump”; mentre secondo la Corte d’appello deve valere di più “la versione dell’imputato“. Similmente, in entrambi i casi si stanno si è permesso di aggiungere “ulteriori testimoni” oltre a quelli previsti in fase dibattimentale: “È un pregiudizio contro un cittadino“, nel suo caso Weinstein e, ora, Trump, “ed è vietato”.
Soffermandosi sul Tycoon, inoltre, il legale sottolinea che “stanno usando leggi mai usate prima, cercando di trasformare reati minori in crimini e di usare crimini federali per giustificare un procedimento statale”. In altre parole (nuovamente tanto per Weinstein, quanto per Trump) secondo Aidala è evidente che c’è in corso “un abuso del sistema” e si dice certo che se l’ex presidente venisse condannato “andrà in appello”.