La memoria storica è una virtù necessaria per affrontare il presente, ma oggi è un bene raro in quanto prevale la cultura dell’immediato che non ha relazione con il passato e il futuro, della reazione facilmente controllabile da chi detiene un Potere.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale il no alla guerra come strumento per dirimere le controversie sembrava stabilmente acquisito nella cultura dei popoli e delle istituzioni, ma l’attualità del presente lo contraddice platealmente. Il mondo è in guerra, 37 sono le guerre in corso, guerre non solo locali, ma guerre ove si fronteggiano i potenti del mondo. Solo per fare qualche esempio ne elenchiamo alcune che sono nelle prime pagine dei giornali.
Hamas e i suoi alleati non riconoscono lo Stato di Israele e hanno scelto deliberatamente il 7 ottobre dello scorso anno di scatenare un conflitto nell’area mediorientale con l’intento di arrivare a uno scontro finale che potesse eliminare o ridimensionare l’avversario. L’attuale Governo israeliano non intende riconoscere uno Stato palestinese e non ha portato avanti la ricerca di un accordo che garantisse una pacifica convivenza. La reazione all’atto del 7 ottobre 2023 è solo militare con l’obiettivo di ridimensionare, sottomettere o eliminare l’avversario. In questo anno di guerra si contano decine di migliaia di morti, in larghissima parte tra la popolazione civile che vive in condizioni disumane.
La memoria storica insegna che perseguire solo la vittoria militare non risolve alcun problema, al contrario consegna tale conflitto alla storia pronto a riemergere alla prima occasione in forma ancora più cruenta.
Due anni e mezzo fa la Russia, con l’appoggio indiretto dei suoi alleati, ha invaso l’Ucraina rivendicando il controllo di alcuni territori e con l’intento di contrastare il ruolo svolto dagli Usa e quindi dalla Nato nell’area dell’Europa Orientale. Anche in questo caso l’unica opzione scelta è stata quella militare che ha destabilizzato per i decenni futuri tutta l’area. Anche il Governo ucraino, sulla base degli accordi presi con il Governo Usa e i suoi alleati, sta perseguendo come unica opzione la vittoria militare. Tutti gli esperti militari hanno affermato che la vittoria militare non potrà esserci a meno che non si accetti di andare allo scontro nucleare finale. Sulla base dell’unica opzione militare perseguita dai contendenti al momento si contano circa un milione tra morti e feriti, nonché la distruzione di un Paese.
L’attuale Governo Usa per motivazioni geopolitiche sta sostenendo concretamente il perseguimento dell’opzione militare da parte sia del Governo israeliano che del Governo ucraino. Lo stesso stanno facendo gli alleati degli Usa, compresi i Governi europei che seguono fedelmente la linea dettata. Sulla stessa lunghezza d’onda della scelta dell’unica opzione militare sono gli alleati di Hamas e Russia. Quello che impressiona è l’assuefazione al clima di guerra in cui viviamo, alla sua accettata ineluttabilità, alla scarnificazione della violenza in atto, alla riduzione del tutto a motivazioni geopolitiche di cui ormai si è stanchi anche di parlarne, alla propaganda tambureggiante che su social e mass media cerca di orientare il consenso giustificando la guerra. Ma non è tutto così, perché c’è ancora un cuore dell’uomo che vibra, un cuore fatto di ragione e sentimento che è capace di guardare le sofferenze dei popoli, di commuoversi per il dolore presente nelle famiglie israeliane, nelle famiglie palestinesi, nelle famiglie libanesi, nelle famiglie ucraine, nelle famiglie russe e in tutte le altre famiglie che vivono in zone di guerra, un dolore che viene abbracciato, accompagnato, sostenuto concretamente con aiuti. Un cuore capace di esercitare la ragione e quindi cercare quella strada possibile per considerare le necessità di tutti.
Questo cuore lo vediamo in azione nella testimonianza di papa Francesco, in chi segue questa testimonianza che rende possibile l’impensabile, il miracolo. Lo vediamo nelle testimonianze di persone nei vari luoghi della guerra ove si condividono sofferenze e bisogni facendo prevalere perdono e riconciliazione. Solo la ripresa di un dialogo, di una diplomazia responsabile, oggi totalmente assente, per raggiungere un accordo possibile è l’unica strada che può essere ragionevolmente intrapresa.
Questa speranza, questa responsabilità, la preghiera perché si affermi la ragione, si rigenerano solo guardando questi miracoli che incredibilmente accadono, ove riconciliazione e perdono sono i volti di persone cambiate.
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