“Governo, un piano da 5 miliardi per recuperare chi perde il lavoro”. Ecco il peana che la Repubblica (a firma di Valentina Conte) ha intonato “alle magnifiche sorti e progressive” del governo Draghi (e in sottordine del ministro Andrea Orlando).

L’obiettivo di 3 milioni di assunzioni entro il 2025 sarà raggiunto attraverso ben 5 percorsi a seconda del profilo del singolo. Al lavoratore vicino al mercato del lavoro, il più facile da ricollocare, bastano orientamento e intermediazione. Al lavoratore distante dal mondo del lavoro, ma con competenze spendibili, serve invece qualcosa in più: l’upskilling, l’aggiornamento delle competenze con una formazione di breve durata. Il lavoratore ormai fuori, ma con competenze da rivedere, viene invece abbinato a processi di reskilling, riqualificazione con robusta attività di formazione. Se prevalgono bisogni complessi, si attiva la rete territoriale dei servizi sociali: in quella sede, a seconda delle fragilità, si valuta se basta accrescere le conoscenze di base o puntare all’inclusione con sostegni mirati. Il quinto percorso è riservato alle crisi aziendali: qui si tenta una ricollocazione collettiva, per gruppi di lavoratori che rischiano di perdere il posto.



I 5 miliardi saranno stanziati nel programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori). Il 75% saranno donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55. Almeno 800mila di questi 3 milioni dovranno essere coinvolti in attività di formazione. E di questi 800mila almeno 300mila dovranno rafforzare le competenze digitali.



Questa volta i navigator saranno i Centri per l’impiego (Cpi), che dovranno aumentare di numero rispetto ai 552 attuali (uno ogni 100mila abitanti) per diventare “strutture leggere” come unità mobili, punti informativi, canali online, in ragione di uno sportello ogni 40mila abitanti. Le risorse ci sono: 464 milioni per le nuove assunzioni nei Cpi; 1,5 miliardi per il rafforzamento delle strutture.

Per seguire l’iter delle proposte è bene ricordare che cosa prevedeva in materia di lavoro il Pnrr.

QUADRO DELLE MISURE E RISORSE (MILIARDI DI EURO): Totale 6,66 Mld

Ambiti di intervento/Misure



  1. Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione 6,01

Riforma 1.1: Politiche attive del lavoro e formazione 4,40

Riforma 1.2: Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso –

Investimento 1.1: Potenziamento dei Centri per l’Impiego 0,6030

Investimento 1.2: Creazione di imprese femminili 0,40

 Investimento 1.3: Sistema di certificazione della parità di genere 0,01

Investimento 1.4: Sistema duale 0,60

  1. Servizio civile universale 0,65

Investimento 2.1: Servizio civile universale 0,65

A tali risorse, si aggiungono quelle rese disponibili dal REACT-EU che, come previsto dalla normativa UE, vengono spese negli anni 2021-2023 nonché quelle derivanti dalla programmazione nazionale aggiuntiva, per un totale di oltre 12 miliardi.

Corre l’obbligo di notare, per esempio, che – rispetto alle dichiarazioni di Draghi nel saluto informale con i giornalisti a proposito della lotta agli infortuni sul lavoro – occorrerà prevedere un rafforzamento, visto che l’attenzione prevalente sembra rivolta al lavoro sommerso.

Ma le domande che dovrebbero trovare una risposta più convincente si concentrano sul ruolo affidato ai Cpi. D’accordo, il piano si posiziona quasi sull’intera durata del Pnrr. Ma quanto tempo occorrerà per formare i formatori? Dove potranno essere reperiti migliaia di persone in grado di incamminarsi lungo i 5 percorsi indicati? Senza neppure includere – chissà perché? – le agenzie del lavoro che già ora possono mettere in campo 2.500 filiali e circa 10mila persone assunte con contratto a tempo indeterminato.

Dalle cifre emerge che almeno un terzo dei lavoratori impiegati in somministrazione a termine, dopo esser transitato per una Agenzia per il lavoro, accede a una occupazione stabile. E che i giovani che entrano nel mercato del lavoro attraverso un’Agenzia con un contratto in somministrazione hanno una maggiore probabilità di transitare in un rapporto stabile sia rispetto a chi trova una prima occupazione con un contratto a tempo determinato, sia rispetto a chi è stato assunto inizialmente con un contratto di lavoro di collaborazione o intermittente. Se vi sono alcuni risultati positivi in termini di placement essi riguardano le agenzie del lavoro, anche se la loro principale attività è la somministrazione. Le agenzie svolgono attività formativa costante sul personale somministrato.

Poi è importante il meccanismo che deve essere adottato per creare lavoro: l’assegno di riallocazione. Una dote – proporzionata alle difficoltà di placement e al livello di occupabilità del lavoratore – che l’agenzia incassa per intero solo a fronte di un risultato concreto sul terreno dell’occupazione.

In conclusione, così come appare, il piano rischia di non fare Gol neppure a porta vuota. Le politiche passive si risolvono in un atto amministrativo per il controllo della regolarità dell’autorizzazione all’erogazione della Cig o della Naspi. Certo, vanno elaborati dei programmi informatici e costituite delle banche dati a cui accedere. Infatti i ritardi di cui venne accusato l’Inps allo scoppio della pandemia dipesero, da un lato, dalla crescita esponenziale dei richiedenti (6,4 milioni nel complesso); dall’altro, dal fatto che le nuove prestazioni, introdotte a ripetizione per far fronte all’emergenza, non avevano a disposizione le necessarie procedure informatiche che si sono dovute preparare ex novo.

Questo governo sembra convinto che il mercato del lavoro sia pieno di persone altamente professionalizzate, di cui la Pubblica amministrazione potrebbe fare incetta. Purtroppo l’Invalsi è di un’altra opinione circa i nostri standard formativi. Nel campo delle politiche attive l’unico programma che ha realizzato qualche obiettivo è “Garanzia Giovani”. Sarà per questo motivo che non se ne parla mai.

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