L’Italia c’è. Ci permettiamo di riprendere la formula di un noto commentatore sportivo sottolineando la presenza tricolore nelle tasche degli italiani e non solo. Ieri, in occasione dei consueti collocamenti di titoli di Stato abbiamo potuto apprezzare l’ennesimo, ottimo, risultato per i nostri zero coupon. L’asta ha riguardato due tipologie dei sempre verdi Bot attraverso l’offerta di un tradizionale strumento con scadenza annuale (terza tranche) affiancato da un suo omonimo caratterizzato, invece, da una durata semestrale (prima tranche).



Per entrambi, il rendimento medio finale, è stato pressoché lo stesso: 3,738% per il Bot a 366 giorni con scadenza il prossimo giugno (14.06.2024) mentre al 3,765% l’ammontare per il titolo più breve (scadenza 30 settembre 2024). Nessun stravolgimento sull’appetibilità per i risparmiatori che, infatti, possono godere di un YTM (yield to maturity) invariato e, ancora una volta, collocabile nella parte alta della curva dei rendimenti.



Se sul versante dei ritorni non c’è molto da dire è, invece, il fronte della domanda dei Bot a far parlare di sé. All’offerta complessiva pari a 8,5 miliardi di euro si sono presentati richiedenti con un importo superiore ai 12,8 miliardi così ripartito: 9.848.500.000 di euro rispetto ai 7 miliardi (rapporto di copertura 1,41) per il titolo a sei mesi, mentre a oltre tre miliardi (3.015.250.000) corrisponde il desiderata sullo strumento finanziario annuale che, presentandosi con una dote alquanto risicata (solo 1,5 miliardi) ha, di fatto, registrato una domanda doppia (rif. rapporto di copertura 2,01).



Possiamo serenamente sostenere come nella loro siffatta semplicità i Bot nostrani, anche ieri, hanno soddisfatto a pieno le esigenze dello Stato Italia: certo, è ovvio, il prezzo che le casse del Belpaese stanno pagando è alto rispetto al passato, ma sembra poter essere ormai vicino il momento di un suo graduale ridimensionamento. Ci confidiamo. Ciò nonostante, una dovuta osservazione va fatta in sede di domanda complessiva del nostro debito pubblico.

Già a inizio anno avevamo sottolineato «l’abbuffata» in corso sui Bot e, proseguendo, riportavamo «i numeri da record per la richiesta di titoli di stato italiani» fatta nei giorni a seguire. E di record anche in queste ultime tornate possiamo tranquillamente parlare: infatti, sono cifre fuori dal comune quelle viste in occasione del recente collocamento del titolo benchmark a dieci anni BTP€i. Lo scorso 20 marzo, a commento dei risultati conclusivi sull’offerta (5 miliardi) del sottostante con scadenza 15 maggio 2036 (cedola reale dell’1,80% e rendimento all’1,83%) il ministero dell’Economia e delle Finanze riportava: «Hanno partecipato all’operazione oltre 170 investitori per una domanda complessiva superiore a 41 miliardi di euro. Il 27,1% dell’emissione è stato assegnato a fund manager, mentre le banche si sono aggiudicate il 24,8% dell’ammontare complessivo. Una quota rilevante, pari al 40,8%, è stata collocata presso investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo (a fondi pensione e assicurazioni è stato assegnato circa il 17,8%, mentre a banche centrali e istituzioni governative circa il 23%). Agli hedge fund è stato allocato il 5% dell’emissione, mentre la quota residuale del 2,3% è stata sottoscritta ad altri investitori». Avete letto bene. Ai 5 miliardi di euro offerti dallo Stato Italia si è presentato al tavolo degli invitati un mercato (o come poi definito «platea molto diversificata di investitori») decisamente affamato che, oggettivamente, ha evidenziato una personalità bulimica per i suoi ben oltre 41 miliardi (41.887,8 milioni) di euro domandati. Un vero e proprio record che, in base a questi numeri, ci pone di fronte a un mercato dalla fame assai rara, quasi atavica, se non ci fossero i precedenti di inizio anno.

Ma, non solo, infatti, archiviato il quanto anche il chi appare molto interessante e interessato. Riprendendo il comunicato: «Al collocamento del titolo ha preso parte una platea molto diversificata di investitori, con una presenza rilevante di investitori esteri pari al 78,3%, mentre quelli domestici si sono aggiudicati il restante il 21,7%». Lo ripetiamo: l’Italia c’è. I numeri parlano chiaro e, senza indugio, possiamo anche dire finalmente. L’Italia è voluta da tutti come raramente accade.

Le casse dello Stato festeggiano per la raccolta di Bot e non lamentano più di tanto il costo finora sostenuto. Gli indici patrimoniali del bilancio dello stivale sono sempre gli stessi, con segni meno qua e là, ma, nel loro complesso, comunque poco attenzionati dai sempre vigili osservatori. La crescita domestica persiste o, come meglio definita, è resiliente. E che resilienza sia. Va bene tutto, o quasi, e comunque si procede. Guardiamo avanti allora. Altri pranzi e banchetti vari saranno allestiti per soddisfare i bisogni alimentari altrui.

È proprio vero, la fame vien mangiando, finché, un giorno, arrivò la temuta dieta che tutti non vollero.

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