Il Bollettino Economico a firma Banca d’Italia ha stigmatizzato l’attuale momento del mercato monetario domestico. Diffuso nella giornata di ieri, la consueta pubblicazione di via Nazionale ha centrato il punto.

Consultando l’intero paper l’attenzione è subito giunta all’approfondimento concernente “Il mercato finanziario” dove, attraverso l’iniziale manciata di parole, la principale difficoltà in dote al risparmiatore è immediatamente emersa: «Dall’inizio di luglio i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono diminuiti, in particolare quelli con scadenze a più breve termine».



Come affrontato nelle ultime ore su queste nostre pagine, il tema potrebbe non apparire come una novità e, nonostante il lieve rialzo sul rendimento di alcuni strumenti collocati ieri, “il problema” rimane. Ovviamente quest’ultima mancanza di remunerazione rappresenta un elemento negativo per l’investitore, mentre, viceversa, per lo Stato, è indubbiamente una boccata d’ossigeno che, seppur di lieve entità, è meglio avere. Soprattutto in ottica futura.



Proseguendo nella lettura del rapporto di Bankitalia emerge chiaramente la dinamica in capo ai nostri titoli di Stato con una lente di ingrandimento che, soffermandosi agli ultimi mesi, ne riporta inequivocabilmente lo status altalenante: «Tra la prima decade di luglio e l’inizio di ottobre il rendimento decennale italiano è diminuito di 38 punti base, al 3,5 per cento (fig. 25.a); la riduzione è stata maggiore per le scadenze più brevi (fig. 25.b). A questo calo hanno contribuito, specie nella prima fase, la rinnovata fiducia degli investitori nel processo di disinflazione nell’area dell’euro e le conseguenti attese sulla politica monetaria».



Andando alla sostanza, quindi, i buoni (anche ottimi) ritorni in tempi brevi, sono terminati. Da oggi, anche per tutti coloro che finora non se ne fossero ancora accorti, è giunto il momento di mettere mano al portafoglio, non quello monetario, bensì quello emotivo: si vuole un maggiore rendimento? Bene, allora è necessario (obbligatorio) alzare l’asticella del rischio oppure posticipare le proprie aspettative a più dilatati archi temporali. Quando?

Ecco, immediata, la risposta. L’esempio è arrivato proprio ieri mediante il collocamento di titoli di Stato a medio lungo termine (Btp). Come anticipato si sono registrati alcuni rialzi sul versante rendimenti, ma l’entità è assai poco considerevole: quattro e sei punti base rispetto alle precedenti emissioni. Andiamo subito ai dettagli delle nuove emissioni. Il triennale con scadenza 15 luglio 2027 riporta un ritorno del 2,68% (+6 punti base) ovvero come l’undicesima tranche a cinque anni (scadenza 01 dicembre 2027) a quota 2,67%. Superiore alla soglia psicologica del 3%, invece, si posiziona il titolo a sette anni (scadenza 15 luglio 2031) con una remunerazione lorda pari al 3,19%. Infine, per i più pazienti e avvezzi al fattore tempo, la “soglia del quattro” inizia ad essere pressoché certa con il Btp a 15 anni che, mancando di poco il traguardo, riconosce comunque un rendimento del 3,88%. A conseguire l’indicato e ipotetico target è, invece, l’ultimo sottostante emesso: +4,04% e una durata fino al marzo 2048.

Prescindendo dai desiderata di qualsivoglia investitore, la domanda complessiva è stata molto positiva con un ammontare richiesto di poco inferiore ai 16,5 miliardi di euro rispetto al massimo importo offerto a quota 9,5 miliardi. Banale, troppo scontato e, forse, alquanto inutile riportare la nostra chiosa finale di ieri ossia «”il banco” vincerà». Di fatto, però, così è stato e la vincita è stata miliardaria e a “basso costo”. La verità è questa come in tutti i buoni affari. Il Governo Meloni lo sa, mentre, noi italiani facciamo finta di non saperlo.

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