QUANTO PUÒ VALERE L’ASTENSIONE DEI GIOVANI ALLE ELEZIONI 2022
In quasi tutti gli ultimi sondaggi politici realizzati prima del silenzio elettorale a 15 giorni dalle Elezioni Politiche 2022 il dato generale sull’astensione vede assieme agli indecisi il superamento del 40% di aventi diritto al voto. Ciò significa che al momento solo il 60% degli elettori italiani si dice certo e convinto di andare al voto il prossimo 25 settembre: tutti gli altri – tra indecisi, delusi, in protesta e impossibilitati – sarebbero pronti a non presentarsi alle urne segnando un record mai raggiunto prima dall’introduzione del suffragio universale. Secondo i dati riportati dal “Dataroom” di Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul “Corriere della Sera”, l’astensione dal 1992 è salita (alla Camera dei Deputati) dai 6 milioni complessivi (il 12,65% degli aventi diritto) fino ai 12,5 milioni (27,06%) delle Elezioni 2018.
Tra le varie generazioni con i riflettori “puntati” ci sono certamente i giovani della “Generazione Z” (nati dal 1997 in poi) che con il numero di 4,7 milioni di voti potrebbero spostare eccome il bilancio finale delle Elezioni 2022. Mai come prima i partiti e i politici, complice anche una campagna elettorale “improvvisata” in piena estate, hanno dovuto cercare di convogliare e “invogliare” il voto per i giovanissimi: da qui le poco felici apparizioni su TikTok in pochissimi giorni e con esiti tutt’altro che bene auguranti per i leader. Secondo l’analisi di Dataroom – frutto delle indagini campionarie dell’Italian National Election Studies (Itanes) elaborati per Dataroom dai ricercatori Luca Carrier (UnitelmaSapienza) e Davide Angelucc (Luiss Guido Carli) – l’astensione dei 18-34 anni nel corso delle ultime Elezioni Politiche è imponente: «Nel 1992 l’astensione dei 18-34 enni è al 9% contro il 10% dei 35-5 enni e il 20% degli over 55. Nel 2018, invece la percentuale di chi non va alle urne è i 38% dei 18-34 enni, contro il 31% dei 35-5 enni e il 25% degli over 55».
GIOVANI ALLE ELEZIONI: CHI NON VOTA E PERCHÈ
Dalle analisi emerge come tra Millenials, Generazione Z e in generale la fascia di elettori “giovane” la disaffezione alla politica è un elemento in costante crescita: secondo lo studio europeo “No Participation without Representation”, che prende in esame un set di dati di 19 Paesi dell’Europa occidentale e 58 elezioni negli ultimi due decenni (1999-2018), le ragioni che tengono i giovani lontani dalle urne sono principalmente due. In primo luogo la penuria di candidati giovani, con relativa mancanza di “rappresentanza” avvertita; in secondo luogo, «l’assenza nell’agenda politica proposta dei temi che gli stanno più a cuore, come l’ambiente e i diritti civili».
Sempre nelle analisi di Dataroom, tra i “millenials” che non votano – tra il 2001 e il 2013 – il 38% dei lavoratori dice di avere un contratto non “fisso”, il 27% vive con i genitori e il 50% di esseri è non laureato. Tornando poi sui motivi del non voto/astensione, l’85% degli under-30 che ha votato lo ha fatto per candidati politici sotto i 30 anni: essendo questi molto pochi, inevitabilmente, non cresce quel “trasporto” per la politica tale da convincere un elettore giovane di andare al seggi ad esprimere il proprio diritto-dovere di voto. Secondo l’analisi di Milena Gabanelli, alle urne i giovani – in fin dei conti – «ci andranno se si convincono che, in una democrazia, a decidere il loro futuro non è la maggioranza della popolazione, ma la maggioranza di coloro che votano. E che vale la pena di spulciare nei programmi per vedere chi e come tratta i temi che ritengono cruciali».