Raimondo Cubeddu, professore di Filosofia politica a Pisa, commenta la possibilità di abolire il doppio turno nel contesto delle elezioni amministrative. Il centrodestra ha infatti in mente una modifica della legge elettorale per i Comuni. “Sinceramente non andrei ad aprire un altro terreno di confronto quando stai investendo energie sul grande obiettivo della riforma istituzionale – argomenta il professore tra le pagine del Giornale – Significa aprire un fronte polemico, allontanare possibilità di mediazione, precludersi alleanze, disperdere energie e possibili sinergie”.



In questa situazione, quella relativa al doppio turno “eventualmente è una riforma che andrebbe inserita nel contesto della riforma istituzionale, non affrontata ora. Io comunque manterrei il sistema attuale”. Anziché abolire il doppio turno, il professor Cubeddu ha altre proposte per combattere il fenomeno sempre più importante dell’astensionismo: “credo che la risposta più semplice sia far capire che ogni voto vale e ciascun elettore può essere decisivo. Serve una responsabilizzazione in ambito locale, ma il principio vale anche sul piano nazionale”. E cita un esempio concreto: “non dimentichiamo che Berlusconi nel 2006 perse per 24.755 voti a livello nazionale alla Camera”.



Abolire il doppio turno e astensionismo, Cubeddu: “favorevole a riforma fatta bene”

Non solo la possibilità di abolire il doppio turno. Oltre lo spettro dell’astensionismo e del calo dell’affluenza che si è registrato durante le amministrative, in tema di riforme istituzionali il professore Raimondo Cubeddu dichiara al Giornale di essere “favorevole a una riforma fatta bene, con il coinvolgimento di tutti, l’ascolto è importante, poi se non ci sono le condizioni si può andare avanti da soli. Certo bisogna saper tessere i rapporti e servono persone che abbiano l’autorevolezza per poter interloquire e confrontarsi. La politica è l’arte del possibile e oggi per un principio di realtà il premierato sembra l’opzione più praticabile. Poi il centrodestra ha già messo in conto il ricorso al referendum e ha fatto bene, non deve averne paura”.



Il professore sostiene inoltre che “di certo la Costituzione deve essere vissuta come una cosa viva, qualcosa che deve evolversi e che si adatta al presente perché altrimenti finisce per morire. È frutto di uomini, non di una rivelazione divina”.