Ormai nota è la vicenda che coinvolge Astrazeneca. La casa farmaceutica è stata costretta a ritirare i vaccini anti-Covid a livello globale, motivando questa decisione a seguito della disponibilità di altre tipologie di vaccini ritenuti più efficaci contro le varianti del virus. Del resto la stessa azienda ha anche ammesso la correlazione tra effetti avversi (spesso sotto forma di trombosi e problemi cardiaci) e la somministrazione dei propri vaccini. Eppure c’era chi già sapeva delle criticità di questo prodotto, ma la pressione era troppo alta all’epoca come fa presente l’immunologo Sergio Romagnani a La Verità.



Nel 2021 l’esperto non aveva avuto remore nel dichiarare che non si sarebbe mai fatto iniettare un vaccino Astrazeneca. Ma la sua dichiarazione rimase lettera morta, e oggi se andiamo a cercare quella presa di posizione non si ritrova nemmeno più sui motori di ricerca. AIFA preferì tirare dritto e continuare a somministrare in tutto il mondo questi vaccini. Erano evidentemente più importanti le aspettative (o gli interessi) a scapito dei malcapitati che si sono visti somministrare proprio Astrazeneca.



ROMAGNANI SI STUDIÒ I TRIAL ASTRAZENECA E GIÀ NE COMPRESE L’INAFFIDABILITÀ

A La Verità Romagnani racconta i suoi studi su Astrazeneca. Nel leggersi i trial si era accorto di errori nei test clinici. Ma nonostante ciò il calcolo sulla sua efficacia fu fatto risultare compreso tra il 50 e il 70%, peccato però che il ‘modus operandi’ era da considerarsi antiscientifico. Senza contare che le ‘cavie’ su cui furono eseguiti i test avevano per la maggior parte un’età inferiore ai 55 anni, limite anagrafico al di sopra del quale si registravano maggiori casi di Covid. E dunque proprio nella fascia over 50 andavano eseguiti maggiori accertamenti sull’efficacia del vaccino. Ma anche questo aspetto fu preso con leggerezza.



A tutto ciò si aggiunsero anche ulteriori sbagli. A seguito degli effetti avversi sulle donne giovani, come racconta sempre il professore, si pensò di spostare le categorie su cui somministrare Astrazeneca, e si scelsero proprio le persone over 50, su cui erano stati effettuati meno test in assoluto. Insomma, tutto fu condotto nel peggiore dei modi. Ma il campanello d’allarme doveva già essere ravvisato nel fatto che la FDA americana non aveva mai preso in considerazione questo vaccino, forse perchè consapevole della sua scarsa efficacia.

“I RISCHI DI ASTRAZENECA SUPERANO I BENEFICI”

Il boom di trombo-embolie manifestatasi in tutta Europa negli ultimi mesi ha fatto sì il vaso di Pandora fosse scoperchiato, e che fosse presa l’ultima decisione: meglio ritirare Astrazeneca dal mercato, visto che i rischi superano i benefici. Ma Romagnani a La Verità, nel raccontarsi, si sofferma anche su un suo aspetto intimo: l’essere combattuto tra il dovere di sbandierare i pericoli sottesi a questo vaccino e il temere che la popolazione, alla notizia, cominciasse ad essere restia a vaccinarsi.

Il ‘tormento’ dell’immunologo lo portò comunque a non restare con le mani in mano. Presentò la sua relazione ad AIFA, che però di tutta risposta mostrò o indifferenza o superficialità. Era importante vaccinare. Contava solo quello. E sulla stessa linea si mostrarono anche altri suoi colleghi medici con cui si confrontò Romagnani, concordi con lui in sede privata ma davanti alle telecamere del programma tv di turno dove venivano invitati ecco ripetere la narrativa dominante: Astrazeneca funzionava al pari degli altri vaccini. Complice solo la pressione mediatica? Dire la verità a quei tempi era ‘contro la linea editoriale’ come riporta l’esperto senza mezzi termini, a nulla importando la salute dei malcapitati vaccinati con Astrazeneca.