I vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson vanno somministrati anche agli under 60, ma solo uomini. Questa la linea suggerita da Antonella Viola, direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica di Padova. In riferimento alle donne, l’immunologa in un post su Facebook ha spiegato che «per loro il rapporto tra rischi e benefici è diverso che per il resto della popolazione». Ha poi approfondito la questione in un’intervista a Repubblica. «Quello che vorrei è che venisse considerata la differenza tra uomini e donne». La prima riguarda il fatto che le donne, soprattutto quelle giovani, «hanno un rischio minore rispetto agli uomini di sviluppare un Covid severo in caso di infezione naturale». In secondo luogo, «le donne giovani hanno un rischio maggiore di subire questi eventi trombotici rari, che si sono verificati con i vaccini a vettore virale e che colpiscono 3-4 persone ogni milione di vaccinati». Questo perché il sistema immunitario delle donne è più reattivo, almeno questa è una ipotesi.
Pur non sapendo la ragione precisa degli eventi trombotici rari che si sono verificati, qualcosa sappiamo secondo l’immunologa Antonella Viola. «Le donne in genere hanno una risposta ai vaccini molto più forte rispetto agli uomini, hanno un maggiore rischio di sviluppare malattie autoimmuni, e hanno comunque un sistema immunitario molto più attivo, molto più forte».
VIOLA SU VACCINI ASTRAZENECA E J&J AD UNDER 60
L’altra ipotesi è che c’entrino «questioni ormonali», ma non c’è comunque chiarezza in tal senso. «Quello che abbiamo visto è che questi eventi si sono verificati prevalentemente in donne giovani. Quindi: se proprio dobbiamo allargare la fascia di persone che devono essere vaccinate con i vaccini a vettore virale come AstraZeneca e Johnson&Johnson, io sono favorevole. Ma negli uomini». Nell’intervista a Repubblica l’immunologa Antonella Viola non riesce a spiegarsi perché questo orientamento non sia prevalso rispetto al cambiamento sulle fasce d’età. «A me sembra un ragionamento di buon senso quello di distinguere sulla base dei dati che abbiamo. Perché alla fine sono i dati che ci dicono che il rischio maggiore è nelle donne». Questa vicenda rappresenta l’occasione per attaccare la medicina che non considera le donne, ad esempio, nella sperimentazione proclitica. «Però ancora oggi, quando si fanno le analisi di efficacia e sicurezza, bisognerebbe disaggregare i dati non solo sulla base dell’età, ma anche sulla base del sesso».
Non è solo una questione di differente risposta immunitaria. «Ci sono degli studi che dicono che in alcuni casi le donne hanno lo stesso titolo anticorpale degli uomini con mezza dose di vaccino». Si parla tanto di medicina personalizzata, ma non c’è sufficiente attenzione alle donne. Pertanto, tornando ai vaccini: «Visto che gli eventi collaterali si sviluppano prevalentemente nelle donne, estendiamo pure agli uomini under 60 i vaccini a vettore virale, ma per le donne under 60 usiamo un altro tipo di vaccino».