La casa farmaceutica Astrazeneca sfida le sanzioni occidentali ed è pronta ad andare in controtendenza rispetto agli asset geopolitici che si stanno delineando in questi ultimi periodi che per il futuro prevedono nuove chiusure nei confronti delle importazioni da Pechino di materie prime e farmaci per diminuire la dipendenza delle industrie Usa ed Eu. L’azienda attraverso un comunicato dell’amministratore delegato Pascal Soriot ha annunciato di aver avviato nuovi investimenti di ricerca e produzione in Cina.
Un fondo da un miliardo di dollari finanzierà alcune start-up locali per puntare su ricerca biotech, soprattutto in nuovi settori medici, dopo il calo dei prodotti anti Covid. Ora infatti il futuro è rappresentato dalla cura delle malattie croniche, soprattutto quelle legate all’invecchiamento della popolazione. Come ha dichiarato il presidente al Financial Times “Aiuteremo le aziende di Pechino a sviluppare e commercializzare i loro prodotti, l’obiettivo è quello di prenderci cura dei pazienti il più possibile, almeno fino a quando non interverranno nuove sanzioni“. E ha poi aggiunto “queste tecnologie plasmeranno il futuro della medicina“.
Astrazeneca investe in Cina per la ricerca, governi preoccupati dal monopolio di Pechino
Gli investimenti di Astrazeneca in Cina per quanto riguarda lo sviluppo e la commercializzazione di nuove cure e terapie geniche per malattie croniche legate all’età come ad esempio il cancro e il diabete, rappresenteranno il futuro. Questo è quanto dichiarato dall’amministratore delegato Pascal Soriot al Financial Times. Questi finanziamenti a Pechino, uniti con altri già annunciati da altri colossi farmaceutici però, come dottolinea il quotidiano finanziario, preoccupano i governi.
L’obiettivo infatti dovrebbe essere quello di limitare la dipendenza dalla Cina per quanto riguarda l’importazione di materie prime del settore medico e soprattutto farmaci generici, che risultano già introvabili in molti paesi occidentali. L’esperta dell’Alliance for Securing Democracy, Lindsay Gorman, analizzando la tendenza ha affermato che “Non è possibile sottovalutare le relazioni geopolitiche di questi nuovi investimenti in Cina, perchè sono subordinati a dichiarazioni di alleanza con il regime di governo“, aggiungendo che “le aziende che operano a Pechino devono sottostare alle regole di uno stato autoritario, e questo non può essere il prezzo da pagare per fare affari nel settore farmaceutico“.