Ieri Atlantia è stato il miglior titolo del listino di Milano dopo che in mattinata si è avuta conferma di una possibile offerta di ACS, di Florentino Perez, per il gruppo della famiglia Benetton. La società spagnola avrebbe “incassato” il supporto di due fondi infrastrutturali con cui eventualmente condividere l’onere di un’offerta che però sembra abbastanza complicata. Sintonia, la holding dei Benetton, controlla circa il 33% di Atlantia, Fondazione CRT il 4,5% e il “fondo sovrano” di Singapore che detiene l’8,3%. Secondo Bloomberg, gli spagnoli avrebbero voluto un’alleanza, ma ieri sera Sintonia ha ribadito di ritenere Atlantia strategica. Non è chiaro chi sia stato penalizzato dall’uscita dei primi rumour pubblicati da Bloomberg mercoledì sera; il rialzo del titolo difficilmente fa gli interessi degli acquirenti.
Atlantia dovrebbe finalizzare la cessione di Autostrade per l’Italia a una cordata guidata da Cdp presto. È una vendita che cambia il gruppo radicalmente per diverse ragioni. La prima è che il baricentro della società, da un punto di vista di esposizione geografica, si sposta dall’Italia perché il nuovo gruppo ha tre mercati principali: le autostrade in Francia, in Spagna e in Sud America. La seconda è che il gruppo è uscito con soddisfazione, si pensi all’incidente di Genova e alle mutate prospettive economiche, da un mercato che oggi è complicato, ma che ha dato la possibilità ai Benetton di comprare Abertis, le autostrade francesi e spagnole, per cassa e ai massimi del mercato. La terza è che la “holding del gruppo” dopo la cessione di Autostrade ha in pancia circa 5 miliardi di euro di cassa netta.
Una società infrastrutturale globale con sede a Roma aveva sicuramente più senso quando l’attività principale del gruppo erano le autostrade italiane. Il business autostradale è politicamente molto sensibile. Le autostrade sono un’infrastruttura strategica su cui circola l’economia e l’industria e oggi si apre almeno un tema complicato. Le tariffe autostradali sono legate all’inflazione; il primo gennaio 2023 gli automobilisti e gli autotrasportatori già colpiti dai prezzi dei carburanti e dalla crisi dovrebbero, secondo il “regolamento”, subire anche un incremento a doppia cifra dei pedaggi. Prevedere qualche frizione tra i “padroni” delle autostrade e i Governi è il minimo sindacale per qualsiasi osservatore. In uno scenario di questo tipo, tanto più con i tassi di interesse in risalita, i Governi hanno più potere contrattuale di prima.
L’unico asset “italiano” strategico rimasto in pancia ad Atlantia è l’aeroporto di Roma che dal 2020 non ha risultati particolarmente positivi. Siamo certi che un gruppo internazionale troverebbe volentieri un accordo per una cessione a un gruppo che parla italiano. Il Governo italiano non ha alcun interesse a “difendere” Atlantia perché non ha più dentro le autostrade e perché meno di cinque anni fa il gruppo ha comprato Abertis. L’anomalia di un gruppo italiano con sede a Roma e la stragrande maggioranza delle attività, politicamente molto sensibili, fuori dall’Italia non ci sembra insignificante. La cassa derivante dalla vendita di Aspi ha una data di scadenza per il piano di acquisto di azioni proprie e magari per future acquisizioni.
Le quote azionarie attuali oggi mettono “i Benetton” in una posizione di forza rispetto a qualsiasi altro, ma il gruppo senza Autostrade per l’Italia probabilmente viene percepito come più fragile e i suoi azionisti con meno potere contrattuale di fronte a un’iniziativa come quella di ACS. Tutto sommato comprendiamo la prospettiva.
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