«Trovo piuttosto irrazionale che un Paese che possiede una risorsa così importante come il turismo abbia la tendenza quasi innata a dare spazio a commenti sempre volti a sminuire l’importanza del settore o addirittura ad affiancarlo a temi come il caro vita, fatto che conduce poi immediatamente i lettori a dare un giudizio negativo sulla categoria dei ristoratori, degli albergatori, ecc. Ho visto anche negli ultimi giorni comparazioni con altri Paesi, come l’Albania, descritta come se si trattasse delle nuove Maldive: mi sembrano delle esagerazioni che portano poi gli italiani ad avere una certa sfiducia nei confronti del turismo che possono praticare nel proprio Paese». Così Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, commenta i diversi articoli apparsi su alcuni organi di stampa nelle ultime settimane, proprio al culmine della stagione turistica estiva.



Professore, lei parla del turismo come di una risorsa importante per il nostro Paese: è davvero così?

Il turismo è una risorsa fondamentale per il Paese. È evidente che nel primo trimestre di quest’anno il Pil è andato molto bene non perché trainato dall’industria manifatturiera, che è pure un settore vitale della nostra economia, ma perché sono cresciuti tantissimo i servizi e tra questi il turismo, grazie soprattutto a un aumento straordinario degli arrivi dall’estero. Tutto questo dimostra la vitalità formidabile del settore e l’esistenza di una fortissima domanda internazionale di Italia. A fronte di tutto questo, scorrere i giornali e leggere che siamo il Paese più caldo del mondo per cui forse è meglio non venirci, servendo così degli assist perfetti a qualche commentatore straniero che invita a non visitare il nostro Paese è francamente assurdo: è un approccio che in Francia o in Spagna nessuno si sognerebbe. Ma al di là di quello che è accaduto nelle ultime settimane, trovo che ci sia a monte un problema più serio.



A che cosa si riferisce?

Al fatto che il turismo in Italia è spesso rappresentato come un settore che non fa quasi parte dell’economia, ma piuttosto come qualcosa di folkloristico. I numeri, invece, dicono che il turismo è una macchina da guerra economica straordinaria, stiamo parlando di qualcosa che, considerando l’indotto, sfiora il 15% del Pil.

Eppure del turismo non ha trasmesso una buona immagine neppure chi sa o dovrebbe sapere di economia, come un ex ministro delle Finanze

Il sistema economico ha bisogno sia del settore primario che di quello secondario che del terziario, e all’interno di quest’ultimo il turismo rappresenta per l’Italia una risorsa che tutti ci invidiano, ma noi sembriamo costantemente alla ricerca di ragioni per sminuirla o per trasformarla in un’occasione di dibattito politico di bassa lega. La stessa cosa, purtroppo, è avvenuta in passato con l’industria: ci sono stati momenti in cui è stata descritta come totalmente allo sbando e in declino e ci sono voluti anni per ricostruire la consapevolezza che invece siamo un Paese importante nella manifattura e che abbiamo anche modelli vincenti.



Occorrerebbe, quindi, innanzitutto correggere un approccio comunicativo errato?

Sì, sembra prevalere un’impostazione di maniera che tende anche a essere disfattista e a denigrare l’offerta turistica italiana. Perché tratteggiare un’immagine del Paese che poi ci danneggia all’estero? La trovo una cattivissima abitudine del sistema della comunicazione che dovrebbe cambiare perché non porta vantaggi, anzi, risulta del tutto controproducente per un Paese che ricava da questo settore risultati importanti in termini di Pil, di bilancia dei pagamenti, di occupazione e che quindi dovrebbe essere considerato una risorsa nazionale, non qualcosa di cui doversi vergognare. Dato che noi vendiamo turismo, costruirci sopra un’immagine così negativa non è proprio il massimo rispetto agli stranieri.

Pensando proprio al flusso di viaggiatori stranieri, è vero che uno dei risultati che il turismo può raggiungere è anche quello di promuovere i prodotti del Made in Italy, specie nel settore agroalimentare?

Assolutamente sì, il turismo è una straordinaria occasione di marketing per i prodotti italiani, è un qualcosa che ci permette di presentare agli stranieri tutto il nostro enorme potenziale dal punto di vista dell’enogastronomia, della moda, ecc. I turisti che vengono in Italia, oltre a voler visitare certi luoghi e godersi le vacanze, hanno anche in mente che c’è un Paese dove si mangia bene, con un ambiente gradevole e un’eterogeneità di offerte straordinarie, dalle città d’arte al mare, dalle montagne fino ai laghi. Anche qui, però, il primo passo da fare è relativo a una comunicazione più consapevole.

Cosa intende dire?

Faccio un esempio banale. Quasi nessuno lo sa, ma l’Italia è il primo produttore mondiale di carciofi. Altri Paesi costruirebbero una linea di comunicazione solo su questo, ma probabilmente da noi non lo si sa nemmeno nei ristoranti dove si si servono i carciofi alla romana. Bisognerebbe, invece, che i camerieri lo spiegassero ai turisti stranieri. Questo per dire che anche nelle piccole cose ci può essere la valorizzazione dei prodotti dell’offerta turistica, enogastronomica, culturale, del nostro Paese. Non c’è, però, mai un po’ di orgoglio in quello che facciamo. Anzi, se possiamo trovare qualcosa di cui lamentarci diventa molto più importante che non evidenziare i fattori di successo di cui l’Italia è dotata. Il nostro Paese ha un potenziale enorme che può anche utilizzare il turismo come leva per fidelizzare clienti stranieri che poi una volta tornati in patria cercano il cibo, la moda, il design, l’arredo italiani. È un qualcosa che andrebbe addirittura inserito in un disegno complessivo di politica industriale per il turismo, potenziando e ammodernando dove necessario questo settore.

Sarebbe possibile farlo?

Ci sono altri Paesi che, in Europa utilizzando anche le risorse dei rispettivi Pnrr, stanno spingendo molto sulla digitalizzazione nel turismo, che rappresenta un’occasione di innovazione e crescita che va colta, perché abbiamo certamente delle grandi risorse naturali e una grande tradizione, ma bisogna anche seguire quelle che sono le tendenze della modernizzazione nei diversi settori. È un peccato, da questo punto di vista, che nel Pnrr italiano ci sia poco per il turismo. È poi cruciale aiutare gli operatori a investire su un’adeguata formazione degli addetti all’ospitalità.

Lei, quindi, auspica una sorta di piano industriale per questo settore che vada oltre qualche campagna promozionale del turismo in Italia, ma punti sul miglioramento della qualità delle strutture, incentivando magari i loro investimenti?

Certamente. Come c’è stata Industria 4.0 ci può essere benissimo un Turismo 4.0, anzi sarebbe importante incentivare con defiscalizzazioni la digitalizzazione degli operatori, la loro capacità di fare comunicazione: è qualcosa che potrebbe ulteriormente potenziare un settore che, lo ripeto, è fondamentale per il nostro Paese.

(Lorenzo Torrisi)

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