Gli Houthi hanno attaccato le navi mercantili nel Mar Rosso, ufficialmente per danneggiare gli interessi di Israele e chiedere la fine della guerra a Gaza. Usa, Gran Bretagna e altri Paesi del fronte anglosassone hanno risposto militarmente prendendo di mira il gruppo filoiraniano nello Yemen. Un allargamento del conflitto mediorientale che però tiene lo scontro di Israele con Hamas solo sullo sfondo. Nel Maro Rosso, infatti, spiega Marco Bertolini, generale già comandante del Coi e della Brigata Folgore in numerosi teatri operativi come Afghanistan, Somalia, Libano e Kosovo, si incrociano gli interessi al controllo delle rotte commerciali da parte degli inglesi e quelli strategici degli americani, in un’area in cui anche Cina, Iran e quindi Russia vogliono dire la loro.
Ma l’intervento nello Yemen forse è anche un modo per stanare l’Arabia Saudita, nemica degli Houthi, ma che negli ultimi tempi ha normalizzato i suoi rapporti con l’Iran, che è invece il loro grande sponsor, grazie alla mediazione della Cina. La stessa Arabia che si è avvicinata ai Brics. Tutti contatti e alleanze invisi alla politica estera americana, che aveva proprio in Riad un punto di riferimento sicuro e che vorrebbe ritornare agli antichi, esclusivi legami con i sauditi.
Usa e Gb hanno attaccato le postazioni degli Houthi. È solo un avvertimento o è un fronte della guerra destinato ad allargarsi?
Questa guerra, che ha già un teatro in Ucraina e uno in Palestina, sembra si stia allargando. È questo conflitto globale che si sta allargando, non quello del Mar Rosso. Una guerra complessiva che chiama in causa l’Iran e quindi la Siria e la Russia, che è l’alleato principale di Assad, il cui governo, da quando è iniziata la guerra a Gaza, ha visto aumentare gli attacchi israeliani contro di sé. Gli israeliani dovrebbero essere concentrati sulla Striscia e invece hanno aumentato la pressione su Hezbollah e sulla Siria.
Ci spiega qual è il ruolo della Siria in questo grande conflitto?
Dall’inizio è stata il centro di uno scontro molto più ampio che riguarda gli interessi della Russia e degli Usa in Medio Oriente. L’alleanza che è entrata in azione nel Mar Rosso, d’altra parte, non è un’alleanza di volonterosi qualsiasi: ci sono gli Usa, la Gran Bretagna con il supporto guarda caso dell’Australia e del Canada, dell’Olanda e del Barhein, messo lì forse per dire che si tratta di una comunità internazionale ampia. Quella che ha agito nello Yemen è una Five Eyes community, un’alleanza anglosassone, allargata agli olandesi, che sono aspiranti anglosassoni, visto che ormai la linga olandese non esiste quasi più e parlano inglese. Un’alleanza che si contrappone agli Houthi perché costituiscono una minaccia temibile per il traffico commerciale internazionale nel Mar Rosso. Un’escalation del genere, comunque, in una situazione nella quale non si sa ancora cosa succederà in Palestina, non migliora la situazione.
Bisognava essere più cauti?
Osservo che altri Paesi lo sono stati. Alcune nazioni, come l’Italia, hanno mandato delle navi, senza però comparire tra i Paesi che supportano l’operazione. Forse c’è un supporto blando, politico, nel senso che non ci si oppone nei forum internazionali. L’Italia ne è rimasta fuori perché questa alleanza ha manifestato l’intenzione di intervenire non in mare ma nello Yemen. È un atto di guerra. E il nostro Paese per questo dovrebbe fare un passaggio parlamentare. Non è un problema solo nostro, ma anche della Francia, della Germania. Le nostre navi sono lì con una funzione difensiva e l’intervento che è stato fatto non lo è. Chi conduce l’operazione, però, sono la Gran Bretagna e gli Usa, non è stata la comunità internazionale a prendere l’iniziativa.
In quel tratto di mare passano le merci di tutti, anche dei cinesi e dei russi, degli iraniani e degli arabi. Un intervento militare in questa area dal punto di vista geopolitico non può riguardare sola la guerra israelo-palestinese. Rischia di aprire scenari ancora più inquietanti?
Anche i cinesi hanno realizzato una base a Gibuti, dall’altra parte dello stretto, dirimpetto allo Yemen. Gli inglesi controllano Gibilterra e hanno una base a Cipro: sono da sempre interessati ai traffici nel Mediterraneo, controllavano Malta. Essere presenti nel Mar Rosso per il Regno Unito è importantissimo. Un po’ meno per gli Usa, il cui intervento è motivato da ragioni di carattere strategico. Chi controlla i traffici internazionali ha una rendita di posizione da difendere a tutti i costi. Gli Usa, poi, sanno che dietro agli Houthi c’è l’Iran, riconosciuto come grande nemico sia dai democratici, sia dai repubblicani.
Per gli americani questa potrebbe essere l’occasione per esercitare un controllo maggiore su uno snodo fondamentale del commercio mondiale?
Questa visione ce l’hanno soprattutto i britannici. Gli Stati Uniti intervengono per difendere i propri interessi strategici, di superpotenza, che ha uno dei suoi punti di forza in questa alleanza anglosassone globale.
Gli Houthi giustificano gli attacchi alle navi con la necessità di colpire Israele fino a che non smetterà di attaccare a Gaza. Ma quali sono le vere ragioni del loro intervento?
Gli Houthi non sono difendibili, sembra quasi che se la siano cercata. Era chiaro che ci sarebbe stata una reazione alle loro azioni. In realtà non conviene a nessuno che le navi debbano circumnavigare l’Africa. Difficile capire cosa vogliano ottenere: un allargamento del conflitto? Vorrebbe dire coinvolgere gli Usa, ma questo significa che la situazione non sarebbe circoscrivibile al teatro in questione. Hanno colpito navi di armatori israeliani, ma l’Egitto, che è sensibile al supporto dei palestinesi, vede intaccati i suoi interessi, visto che controlla il canale di Suez. Mi pare che abbiano più da perdere che da guadagnare. E non mi aspetto che l’Iran intervenga in loro aiuto.
Ma se la guerra si allargasse a questo fronte, quello del Mar Rosso, chi coinvolgerebbe?
Se gli Usa e i loro alleati anglosassoni sono intervenuti con questa azione militare è perché pensano che non ci sia più spazio per una trattativa con Iran e Russia. Però sono in crisi in Ucraina e probabilmente sono in crisi anche in Palestina, dove non ci si aspettava una resistenza così lunga di Hamas. Forse vogliono ottenere un successo almeno lì.
Rimarrà una guerra tra questa coalizione e gli Houthi?
Sì, ma gli Houthi, appoggiati dal Teheran, nello Yemen sono in guerra con l’Arabia Saudita, che ha fatto pace con l’Iran grazie ai buoni uffici della Cina. Un’operazione del genere costringe anche l’Arabia Saudita a prendere posizione contro gli Houthi e il nuovo amico iraniano. È la drammatizzazione del conflitto che va incontro agli interessi di chi vorrebbe che i sauditi tornassero all’ostilità pluridecennale con l’Iran, dove invece la normalizzazione sembra un elemento che non rientra negli interessi degli Stati Uniti. Forse l’intervento militare contro gli Houthi vuole fare in modo che l’Arabia si penta della sua amicizia con l’Iran.
L’obiettivo, dunque, sarebbe anche allontanare l’Arabia Saudita dall’Iran e dalla Cina?
Probabilmente sì. L’Arabia Saudita, poi, ormai fa parte dei Brics a tutti gli effetti. L’intervento militare è un sassolino messo in un ingranaggio che fa paura agli Usa, questa alleanza commerciale che prescinde dagli Stati Uniti e che ha visto addirittura fare pace nemici storici come l’Iran e Arabia Saudita.
(Paolo Rossetti)
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