Sabotato il Nord Stream e chiuso il contratto con i russi per il passaggio del loro gas sul territorio ucraino, Kiev è passata all’attacco del Turkstream. L’unico gasdotto rimasto che consente all’energia russa di essere consegnata ai clienti europei è stato preso di mira in Russia, senza successo, da nove droni ucraini che sarebbero stati intercettati. L’impianto conduce da una parte al Mar Nero e alla Turchia e, dall’altra, arriva al sud-est dell’Europa, dove Ungheria e Slovacchia sono ancora legate alle forniture Gazprom. Un attacco che non cambia molto nella guerra, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata, opinionista di Analisi Difesa e autore del recente La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo (Il Cerchio, 2024), ma che dice ancora tanto delle conseguenze che questa ha avuto per l’Europa. La fine dell’approvvigionamento del gas russo per il Vecchio Continente ha significato bollette del gas più alte e maggiori guadagni per gli USA attraverso il loro gas liquido, più caro di quello del nemico russo. Giorgia Meloni, che nella sua recente conferenza stampa di inizio anno non ha risposto a una domanda sull’aumento delle bollette del gas, poteva limitarsi a rispondere così: in Italia, e non solo, si paga di più perché la Russia faceva prezzi molto più bassi. Facendo la guerra a Mosca ci siamo aumentati le bollette da soli. Ora, però, qualcuno in Germania (così ha detto Alice Weidel, candidata premier AfD) vorrebbe riaprire il Nord Stream. Se così fosse, lo scenario cambierebbe molto.
Generale, qual è l’obiettivo di Zelensky con questo attacco al Turkstream?
Quella ucraina non la vedrei come una vera e propria strategia. Anche perché in Germania adesso si sta pensando addirittura di riparare il Nord Stream: forze politiche che potrebbero prendere il sopravvento in occasione delle prossime elezioni (l’AfD) stanno chiaramente parlando di rimetterlo in funzione. La guerra del gas è una guerra parallela. A seconda degli esiti delle elezioni tedesche potremmo anche aspettarci capovolgimenti clamorosi.
Dall’inizio del conflitto, la rottura dei rapporti con Mosca e la rinuncia al gas russo ha di fatto favorito gli USA, che ci vendono a caro prezzo il loro gas liquido (gnl). Rimane una chiave di lettura valida?
C’è una parte dell’Europa che vuole assolutamente tagliare qualunque tipo di rifornimento e di collegamento commerciale con la Russia. Ed è certo che gli Stati Uniti ne stanno beneficiando dall’inizio della guerra, da quando abbiamo deciso di tagliare il cordone ombelicale con la Russia per quanto riguarda il rifornimento energetico. Una scelta che stiamo pagando cara, molto più che nell’anno passato. Una strategia miope, che vede l’Europa ancora una volta succube di iniziative che non fanno bene alla nostra economia, senza che questo comporti la minima reazione.
Questo attacco al Turkstream può anche essere visto come un ulteriore tentativo di spaccare l’Europa, non così univoca nel sostenere la decisione di non servirsi del gas di Putin?
Certo, anche se l’Europa è già spaccata abbastanza: ognuno va in ordine sparso da tempo, anche sull’approvvigionamento energetico. Ogni Paese ha cercato di diversificare le fonti. Comunque, la Russia ha continuato anche a venderci il gas, compreso il suo gnl: le gasiere russe sono approdate nei porti del Mediterraneo regolarmente. Un prodotto che è arrivato anche all’Italia.
Un atteggiamento contraddittorio nei confronti della Russia che non vale solo per il gas.
Lo stesso discorso si può fare per l’alta tecnologia. Le sanzioni hanno fatto poco e niente: la Russia ha continuato ad acquistare i microprocessori per i propri sistemi d’arma dall’Europa e dagli Stati Uniti, tramite società che si sono costituite, guarda caso, subito dopo l’inizio della guerra e che hanno agito passando dall’Armenia e dal Kazakistan. Ho conosciuto un imprenditore che esporta panini per hamburger, riuscendo a farlo regolarmente anche in Russia in confezioni con tanto di bandiera americana e scritte in cirillico. Se si riesce a commercializzare questi prodotti, figurarsi il gas.
In attesa dell’insediamento di Trump, gli ucraini stanno perdendo terreno nella zona di Kursk, mentre a Donetsk il fronte sembra pronto a crollare da un momento all’altro. Perché, in una situazione così irrimediabilmente compromessa, si prende di mira il Turkstream in Russia?
Non è una manovra di grande respiro, né strategicamente rilevante. Si inserisce nella strategia della logica della guerra fino all’ultimo ucraino, per cui bisogna prendere l’iniziativa a tutti i costi. In questo contesto vale tutto, anche attaccare il gasdotto. Nell’ambito dei sostenitori di Kiev ci sono Paesi irriducibili che inciteranno fino alla fine l’Ucraina a fare l’impossibile, anche se francamente adesso è rimasto veramente ben poco da fare.
Nella conferenza stampa di fine anno, tenuta però nei primi giorni del 2025, Giorgia Meloni non ha risposto a una domanda sull’aumento delle bollette del gas, dicendo che la risposta era troppo complessa. L’ultimo attacco al gasdotto, invece, ci conferma una spiegazione che è già nei fatti da tempo?
Il gas russo era molto più conveniente per noi e adesso non ci sono più neanche gli ammortizzatori che aveva introdotto Draghi per mitigare l’effetto del rialzo energetico. Non è un discorso che vale solo per noi: basta guardare alla Germania e ad altri Paesi europei. Sono state fatte delle scelte che si sono rivelate incredibilmente dannose, e la Germania è sicuramente il Paese che ha pagato più di tutti. Riguardo all’azione per colpire il Turkstream, era già tutto chiaro quando è saltato il Nord Stream. Conferma il quadro che era già chiaro allora.
(Paolo Rossetti)
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