Monsignor Massimiliano Palinuro, vicario apostolico di Istanbul di originario di Avellino, ha parlato con Il Messaggero dell’attacco che si è verificato nella chiesa italiana in Turchia, nel quale è stato ucciso un fedele. Un attacco sul quale le autorità turche stanno ancora indagando, pur avendo concluso l’arresto dei due responsabili, mentre è arrivata qualche ora dopo una rivendicazione da parte dell’Isis. Secondo Monsignor Palinuro la matrice dell’attacco alla chiesa di Istanbul è “probabilmente terroristica. Al momento” però, ci tiene a precisare chiaramente, “non ci sono certezze e non possiamo essere categorici o definitivi”, ma pur rimanendo in attesa di comprendere l’accaduto, “posso azzardare qualche lettura”.
Monsignor Palinuro: “Dietro all’attacco alla chiesa di Istanbul la guerra a Gaza e l’islamofobia”
Secondo Monsignor Palinuro, infatti, dietro all’attacco alla chiesa di Istanbul si possono riconoscere i contorni di due situazione. “Da una parte”, spiega, “c’è il Medio Oriente che si è incendiato. Dall’altra parte è cresciuto in questi ultimi anni l’islamofobia in Europa. Ogni atto islamofobico che si manifesta in Occidente”, sottolinea il vicario apostolico, “con episodi di intolleranza verso i musulmani ha delle ripercussioni enormi dalle nostre parti”, specialmente in “un contesto a maggioranza musulmana” come la Turchia.
Fortunatamente, secondo Monsignor Palinuro, l’attacco alla chiesa di Istanbul non avrebbe nulla a che fare con l’Italia, pur trattandosi di una chiesa definita ‘italiana‘, ma è sicuramente un atto contro l’Occidente. “Penso che abbia a che fare”, ragiona il vicario, “con il momento storico delicatissimo segnato dalla crescita dell’intolleranza religiosa da ambo i versanti. In occidente con l’islamofobia, in Medio Oriente con l’ostilità verso i nostri valori”. Di un’altra cosa si dice certo Monsignor Palinuro sull’attacco alla chiesa di Istanbul, ovvero che “questo episodio che nessuno si aspettava crea interrogativi inevitabili a tutte le nostre comunità cristiane. In passato”, ricorda il vicario, “erano avvenuti fatti terribili in altre zone della Turchia, come l’Anatolia, ma a Istanbul mai essendo una città aperta, internazionale, cosmopolita, accogliente, pluralista”.