La Lombardia è una regione di appestati e di untori. Il sistema sanitario lombardo non è in grado di gestire l’epidemia da coronavirus. La Lombardia è condannata a restare in eterno malata. A sentire alcuni ministri (Boccia), esponenti politici di M5s, ad ascoltare la gran parte delle trasmissioni politiche e a leggere molti quotidiani sembra che la Lombardia sia degna di uno stigma, indelebile e incancellabile. Ma sono giustificate queste accuse? “Sinceramente – osserva Mirella Pontello, professore ordinario di Igiene e Sanità pubblica dell’Università degli studi di Milano – penso che poco si riconosca che la Lombardia è stata d’improvviso catapultata alla fine di febbraio in una situazione sconvolgente e imparagonabile a quella pur grave sofferta da altre Regioni”.
Intanto da Roma sono arrivate ieri due smentite “scientifiche”, per bocca di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità. Prima smentita: “La vera notizia riguarda la Lombardia: il trend è in calo … La Lombardia ha un netto trend in calo, quotidianamente c’è un decremento molto significativo di casi. Che cosa ne pensa?
Nelle Regioni più colpite oggi la quota di positivi che si aggiungono sono intorno allo 0,2-0,5%: per esempio, i 293 casi in più di ieri della Lombardia rappresentano lo 0,3% del totale di oltre 86mila casi, mentre in Liguria la stessa percentuale è pari allo 0,5 e quella del Lazio allo 0,4.
Seconda smentita dell’Iss: “L’indice Rt della Lombardia è pari a 0,51”.
Non è solo un dato in ulteriore discesa rispetto allo 0,62 dell’ultima rilevazione, ma anche inferiore a quello di altre Regioni molto meno “attenzionate” della Lombardia. Per l’esattezza, anche senza includere la Liguria, che è superiore solo di un centesimo (Rt = 0,52) e la Valle d’Aosta che ha l’Rt più alto, ma per la quale – date le dimensioni della provincia – l’indice è molto influenzato anche da piccoli aumenti, altre 10 Regioni hanno un Rt maggiore della Lombardia. Ne cito qualcuna scegliendo tra le regioni più popolose: Lazio 0,71, Sicilia 0,69, Toscana 0,59. Questo valore Rt significa che il livello di rischio, come ha sottolineato il governatore Attilio Fontana, “passa così da moderato a basso”.
In Lombardia il rapporto tra nuovi contagi e tamponi giornalieri è il più basso registrato dall’inizio dell’epidemia: 1,5%: trovati 293 positivi su 19.028 tamponi. Cosa ci dicono questi numeri?
Una premessa è necessaria, valida non solo per la Lombardia, ma per tutta Italia. Il numero dei casi positivi in riferimento ai tamponi effettuati giorno per giorno potrebbe non identificare esattamente il numero dei “nuovi” casi. Ho il dubbio che in questo dato siano conteggiati anche dei doppioni, cioè test di controllo eseguiti su casi già registrati.
Per esempio?
Un caso ospedalizzato e dimesso ma ancora positivo ai successivi controlli. È sempre importante per fare analisi solide e fondate definire esattamente i casi che si includono e ripulire sempre i database. Detto questo, però, pur nell’approssimazione, questi numeri confermano senza ombra di dubbio che è stato messo in atto uno sforzo enorme per far fronte e abbattere una situazione di partenza assolutamente disastrosa e non paragonabile, come dicevo, per entità del fenomeno, a ciò che è successo in tutte le altre Regioni italiane. E non è l’unico dato molto confortante.
A cosa si riferisce?
Alla pressione sui pronto soccorso e ai numeri di ricoverati nelle terapie intensive, due dati empirici oggettivi che rappresentano la punta dell’iceberg del fenomeno, ma che sono meno influenzabili dal fare – con criteri variabili nel tempo – pochi o tanti tamponi. Sono quindi dati meno soggetti a errori o approssimazioni. Sia nei pronto soccorso che nelle terapie intensive, a quanto mi risulta, non si registrano situazioni di criticità in nessuna provincia e questo mi sembra un dato positivo.
Perché sono importanti?
Pur non essendo indicatori in grado di misurare la circolazione del virus in tempo reale, comunque anche “catturando” – come diciamo noi epidemiologi – solo i casi con sintomi di un certo peso clinico, questi dati sui ricoveri rappresentano un riflesso della diffusione dell’infezione, anche se registrata con qualche ritardo nell’osservazione. Rispetto al momento del contagio il riconoscimento del caso dopo il ricovero può tardare di qualche settimana, se si tiene conto del periodo di incubazione, generalmente tra i 10 e i 14 giorni e in alcuni casi anche 20, e anche dell’intervallo tra l’esordio dei sintomi e il ricovero. Se il numero dei sintomatici ricoverati sta calando, sembra di poter dire che, se la tendenza non si invertirà, come speriamo, nonostante le aperture delle attività, il rischio di esposizione all’infezione non sta aumentando, anzi è in continua riduzione.
Ieri si è avuta notizia che la Procura ha aperto un’inchiesta sul nuovo ospedale Covid costruito a Milano Fiera in tempi record. Non andava realizzato?
Non sono d’accordo. Ci siamo forse dimenticati troppo presto di quella che era la situazione drammatica due mesi fa. A questo proposito, anzi, ricordo di aver letto un lavoro scientifico pubblicato su Eurosurveillance che l’8 marzo, mentre stava scattando il lockdown, in base a un modello costruito sui dati in possesso in quel momento, si stimava per la Lombardia la necessità di 37mila posti in terapia intensiva nel giro di tre settimane. A fronte di questa spaventosa previsione era più che comprensibile e condivisibile che si sia allora pensato di predisporre, come priorità estrema, nuovi posti di terapia intensiva. E non si può non sottolineare che l’ospedale è stato realizzato in tempi rapidissimi grazie a donazioni, e senza risorse pubbliche, cioè senza costare un euro ai cittadini. Poi, è vero, il lockdown ha certamente contribuito a evitare questo scenario nefasto previsto e a utilizzare poco il nuovo ospedale.
Non ha l’impressione che l’attacco sistematico e quotidiano alla sanità lombarda serva anche a coprire alcune inefficienze del governo centrale, come la cronica carenza di mascherine e reagenti o la mancata creazione delle zone rosse a Nembro, Alzano Lombardo e Orzinuovi?
Certo, in una situazione così drammatica è difficile pretendere che non si facciano errori o anche solo che non ci siano delle imperfezioni nel reagire, ma le responsabilità vanno individuate a tutti i livelli, anche a quello centrale, per far tesoro dell’esperienza e degli errori ad essa connessi per imparare a non ripeterli.
La Lombardia, secondo lei, è una Regione da sigillare? E i lombardi possono essere considerati degli untori?
Non credo proprio che sarebbe, per tutto quello che abbiamo detto, una cosa giusta e tantomeno giustificata alla luce della situazione che oggi osserviamo.
(Marco Biscella)