Non sa ancora spiegarsi come sia stato possibile “bucare” il suo pc, ma è quello che è successo. Ora Nicola B., dipendente della Regione Lazio, si sente «isolato» ed «emarginato» dai colleghi dopo l’attacco hacker. Solo due-tre gli hanno fatto coraggio, si sono sincerati delle sue condizioni, gli altri sono solo interessati al “gossip”. «Sì che sto male, sono preoccupato, sono spaventato». Non ha ricevuto chiamate da nessuno. Nè dal suo capo ufficio, figurarsi dal governatore Nicola Zingaretti. «Gelo totale», racconta al Corriere della Sera. Nel frattempo proseguono le indagini, a cui dovrebbe collaborare anche l’Fbi. «In queste ore ho letto davvero di tutto: hacker russi, cinesi. Boh! Ma a me finora non è venuta a interrogarmi nemmeno la polizia postale». Il dipendente regionale ha spiegato che un tecnico del Ced lunedì si è preso il computer dall’ufficio per portarlo via. «Da quel momento il buio. E io non riesco ancora a capire come sia potuto succedere. E perché proprio a me».

Tra l’altro, ha smentito l’ipotesi che gli hacker abbiano approfittato del fatto che il figlio stesse usando il pc. «Siti porno? È pazzesco, mio figlio poi la notte dell’intrusione, tra sabato e domenica se ho capito bene, era addirittura al mare, perciò figuratevi. E poi lui non conosce le mie password».

“NON MI VENDEREI LE PASSWORD…”

Nonostante tutto, il dipendente della Regione Lazio resta tranquillo riguardo le sue responsabilità, perché sarà possibile controllare cosa ha fatto col pc. «Troverà anche qualche foto, ma niente di compromettente: cene con amici, immagini di mia moglie». Nell’intervista al Corriere della Sera ha anche negato di essersi venduto le password: «Nemmeno per un milione di bitcoin e sì che ci sistemerei la famiglia! Ma io sono uno che non ha mai preso una multa in vita sua». Ricorda anche che quando lavorava alla Provincia di Frosinone chiese ai tecnici se potevano abilitarlo per leggere Dagospia («Un sito che mi diverte molto»), ma poi si sentì in colpa all’idea di navigare durante l’orario di lavoro e lasciò perdere. Se deve ipotizzare il motivo per il quale gli hacker hanno colpito lui per arrivare alla Regione Lazio, allora il dipendente ipotizza che sia perché lavora in orari strani. «Mi sveglio alle 3 di notte e comincio a smaltire le pratiche più diverse: bolli auto, rimborsi elettorali ai Comuni, invio email ai colleghi per anticipare il lavoro del mattino dopo».

“ASCOLTO DI CALIFANO E PINO DANIELE SU YOUTUBE”

Il problema per Nicola B. è che lo smart working rende i sistemi vulnerabili, perché la rete di casa non è sicura come quella aziendale. «Magari era già entrato da qualche altra parte e aspettava solo la porta giusta. La mia. Ricordo che accadde pure alla Provincia di Frosinone, mi pare nel 2012: un attacco hacker di Anonymous, in quel caso però dopo due giorni l’allarme rientrò, i file per fortuna erano stati salvati sui server», ha spiegato il dipendente regionale al Corriere. Esclude che l’intrusione sia avvenuta in ufficio, perché prima di andar via spengono tutto. Hanno proprio un promemoria preciso con tutte le operazioni da svolgere. «L’unica distrazione che mi concedo è cercare ogni tanto su YouTube le canzoni di Franco Califano o di Pino Daniele e poi mettermi a lavorare con loro in sottofondo. Saranno entrati così?». Inoltre, ha spiegato di essere sempre attento alle mail «farlocche» (quelle con cui si mette in atto il phishing). Da quando è avvenuto l’attacco hacker alla Regione Lazio non fa altro che pensare alle sue «debolezze». Ad esempio, consulta un tutorial su YouTube per lavorare con i fogli Excel. «Di sicuro sabato 31 luglio di notte dormivo e domenica primo agosto ho lavorato da casa nel pomeriggio e ricordo che non avevo neppure il computer in carica, poi intorno alle 19.30 ho chiuso tutte le piattaforme e ho spento». Ma lunedì è arrivata la chiamata dalla Regione ed è cominciato il suo incubo.