L’intelligence russa ha fatto un po’ la figura di quella israeliana quando non ha saputo prevenire l’attacco di Hamas il 7 ottobre 2023. Non si è accorta che gli ucraini stavano per attaccare in Russia, con un’operazione che ha portato all’occupazione di un’area di 800 chilometri quadrati. E per questo Putin, spiega Stefano Caprio, sacerdote cattolico di rito bizantino, in Russia dal 1989 al 2002, teologo ed esperto del mondo russo, ha già fatto cadere qualche testa.



Le colpe vengono addebitate al capo delle Forze armate russe Valery Gerasimov, che avrebbe sottovalutato la portata del pericolo che si stava correndo. Di fatto, il blitz di Kiev dimostra la fragilità del sistema russo ed è paradossale che sia avvenuto proprio nei giorni in cui a San Pietroburgo si teneva Armiya 2024, un’esposizione del potenziale bellico russo.



L’occupazione di una parte del territorio è stata un colpo anche per l’opinione pubblica russa, che però quasi rimuove la guerra dai suoi pensieri. Non se ne parla, per non essere coinvolti più di tanto. Se lo sforzo per recuperare le terre di confine dovesse prolungarsi, però, Putin potrebbe essere costretto a mobilitare molti altri uomini (in parte già lo ha fatto). E allora potrebbero esserci reazioni più consistenti.

Come ha reagito l’opinione pubblica in Russia all’attacco degli ucraini?

Non è ancora molto informata: il regime russo cerca di nascondere in tutti i modi quello che sta accadendo, anche se poi si diffonde la consapevolezza che la guerra è entrata nel territorio nazionale. Non c’è nessun entusiasmo patriottico, e non solo nella regione di Kursk ma in generale nel Paese: prevale una forte depressione, anche perché è evidente l’incapacità dimostrata dall’esercito, dai servizi, dall’intera catena di comando, che si scaricano le responsabilità l’uno sull’altro. Le guardie di frontiera dicono di non aver visto niente, i servizi hanno dato informazioni incomplete, il ministero della Difesa ha fornito notizie sbagliate, mentre il generale Gerasimov ha detto a Putin che non c’era da preoccuparsi: c’è un forte disorientamento.



Eppure negli ultimi tempi la narrazione della Russia era quella di una nazione che stava avanzando in Ucraina: un’immagine non rispondente alla realtà?

Questa è la propaganda, che dà un quadro di un certo tipo, a cui la popolazione, comunque, non è che credesse molto. Il sentimento più diffuso tra la gente è l’apatia: cercano di non essere coinvolti. È la politica dello struzzo: si fa in modo che non si parli della guerra. Veniva presentata come operazione speciale in Ucraina, ma quando si passa all’invasione del territorio russo è tutto un altro discorso, anche perché ci si pone la necessità di spostare truppe, costringendo a mobilitarsi persone che avevano rifiutato di combattere. Ne sono state prese 500 da San Pietroburgo, ma anche da altre parti. Soprattutto si dimostra che la Russia è fragile, che non è in grado di portare avanti una guerra su tutti i fronti.

Lo scontento della gente è stato manifestato pubblicamente o, nella più classica tradizione russa, tutto rimane nascosto?

C’è la corsa a nascondersi: questo è il sentimento della Russia. Certo, se tutto questo porterà a un’escalation tale per cui entro la fine dell’anno si renderà necessaria la mobilitazione di un milione di persone, allora ci saranno grossi scontenti, per ora limitati alla regione di Kursk, in buona parte evacuata. Non ci sono proteste ma scoraggiamento.

Putin e il suo establishment sono preoccupati di questa situazione?

Certo, finora il consenso era evidentemente fittizio e questa azione del nemico non può certo alimentarlo. Gli ucraini non arriveranno fino a Mosca, ma stanno scavando le trincee per difendere la parte di territorio russo conquistato. E i russi stessi stanno costringendo anche i civili a scavare trincee per evitare che le forze di Kiev riescano a penetrare ancora più in profondità. L’impressione è che sia stata una mossa audace e ben riuscita degli ucraini perché capace di mettere in difficoltà la Russia, dimostrando che non è invincibile, per affrontare le trattative da una posizione di forza. L’eventuale negoziato sarà solo a fine anno, dopo le elezioni americane. Gli ucraini hanno guadagnato una enorme vittoria morale dimostrando che la Russia è attaccabile.

Spesso i media, anche occidentali, parlano di armi russe sofisticate, di una capacità militare notevole: dove sta, invece, la fragilità del sistema russo?

L’attacco degli ucraini è avvenuto proprio quando a San Pietroburgo era in corso la mostra delle armi supertecnologiche in cui Putin stava lodando la superiorità russa. Invece, ci si è resi conto che sono gli ucraini ad avere una superiorità con i droni e le armi fornite dall’Occidente. I russi, al di là di qualche super-arma che poi usano e non usano, arrancano dal punto di vista tecnologico, utilizzano pure armi della Seconda guerra mondiale. Hanno sempre la superiorità dovuta alle armi nucleari, ma sarebbero il suicidio della Russia.

C’è una fragilità anche dell’intelligence?

Come hanno fatto a non vedere migliaia di soldati ucraini che si ammassavano al confine con la regione di Kursk? O non li hanno visti e sono del tutto incapaci, o li hanno visti e hanno riferito in modo sbagliato. Si sta cercando il capro espiatorio: il maggiore indiziato è il capo di stato maggiore Gerasimov, che avrebbe detto a Putin che si trattava di una cosa da niente e che gli ucraini sarebbero stati rimandati indietro subito. È tutta la catena che si è rivelata difettosa. Il problema dipende un po’ dal funzionamento delle istituzioni, e un po’ dal fatto che la Russia ha un territorio talmente vasto che non si riesce a controllarlo tutto. Ci sarà sempre una parte indifesa. Se le difese sono concentrate sul Donbass, gli ucraini le hanno aggirate passando da un’altra parte.

Cosa resta di questa operazione ucraina ancora in corso?

Gli ucraini hanno ottenuto una vittoria morale e possono aver cambiato il significato della guerra. Non è la prima volta che succede: già a novembre 2022 avevano riconquistato Kherson e bloccato l’avanzata russa. Gli ucraini vogliono riconquistare la Crimea e il Donbass è il corridoio per arrivarci. Ora cercheranno di bloccare i collegamenti per il Donbass.

L’opinione pubblica ucraina invece come ha reagito a questa vittoria?

È un successo che aspettava da tempo, gli ucraini hanno ripreso vigore e il desiderio di resistere e di contrattaccare che era svanito dopo il fallimento della controffensiva. Una débâcle che aveva portato alla sostituzione del capo di stato maggiore Zaluzhny, che suggeriva di rinforzare le difese, con Sirsky, più aggressivo.

Qualche analista dice che questa operazione potrebbe essere un boomerang per gli ucraini perché potrebbero scoprire ulteriormente le difese interne. Un rischio concreto?

È sicuramente un’operazione molto rischiosa, bisogna vedere fino a che punto arriveranno. Ormai hanno conquistato mille chilometri quadrati, con oltre 70 villaggi, vedremo se riusciranno a tenerli. Secondo alcuni esperti, i russi potrebbero riconquistarli in un anno.

Questa operazione ha causato qualche scossone all’interno dell’establishment russo?

Qualcosa è già successo: Putin ha bypassato i servizi e i militari mettendo i suoi uomini in alcune posizioni. Ha affidato al suo fedelissimo Alexei Dyumin il ruolo di coordinatore delle attività di esercito, servizi e autorità civili della regione. Una sorta di commissario. Alla fine, per quanto si cerchino capri espiatori, chi ha fatto la figura dell’incapace è stato Putin.

(Paolo Rossetti)

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