Gli ucraini attaccano in territorio russo, a Kursk, ma al di là dell’incursione la guerra non cambia volto. Kiev fa entrare i suoi soldati in terra nemica e su un altro fronte, in Africa, spalleggerebbe gli avversari dell’Africa Corps russo, che agisce in diverse nazioni del continente nero. Due lati della stessa medaglia, per far vedere che l’Ucraina è ancora in grado di far male.
In realtà, osserva Maurizio Boni, generale di corpo d’armata, opinionista di Analisi Difesa, è la Russia che continua a prevalere in Ucraina, come ormai succede da tempo. E mentre di pace si parla sempre meno, forse anche perché per costruire le condizioni per una trattativa che riguardi anche nuovi rapporti tra Mosca e l’Occidente occorre tempo, la UE fa i conti dei soldi spesi per sostenere gli ucraini: secondo la von der Leyen sono 108 miliardi di euro. Altri ancora dovrà metterne in conto di spendere dopo la guerra, per la ricostruzione e per sostenere ancora le forze armate di Kiev.
Come si spiega questa incursione in Russia degli ucraini, che avrebbe provocato cinque morti tra i civili? E perché Putin l’ha definita una provocazione su larga scala?
La reazione di Putin è soprattutto politica. Di fatto una azione ucraina che interessa il territorio russo è un attacco alla credibilità del capo del Cremlino, non lo può accettare. Militarmente però l’impegno degli ucraini non è stato grandissimo: gli uomini coinvolti negli attacchi non hanno superato le poche centinaia, non erano neanche un migliaio. Una brigata articolata su tre o quattro battaglioni. E comunque non hanno avuto grande successo. I russi militarmente non corrono alcun rischio, l’unico problema è la salvaguardia dell’immagine.
Dunque si è trattato di un attacco abbastanza ordinario?
I russi se lo aspettavano. Gli ucraini hanno sfruttato la mobilità offerta da veicoli corazzati per il trasporto di truppe che finora non si erano visti sui campi di battaglia: mezzi prodotti per gli USA dalla General Dynamics canadese, gli striker. Sono molto veloci e finora ne erano stati impiegati pochissimi. Sono apparsi in gran numero, una trentina, per sfruttare la loro velocità di veicoli su otto ruote. I russi li hanno aspettati e gran parte sono stati distrutti dal fuoco combinato di artiglieria e aeronautica.
Perché gli ucraini, che sono in difficoltà sul fronte interno, hanno deciso questo attacco?
Le letture sono due. La prima: come i russi hanno aperto il fronte di Kharkiv per attirare le riserve ucraine a Nord, preparando probabilmente un’azione a Sud, anche gli ucraini hanno voluto attirare riserve russe nella zona di Kursk sguarnendo il Sud, per preparare un contrattacco nel settore di Zaporizhzhia. La seconda è che Zelensky, in grande difficoltà politicamente e sul campo di battaglia, ha messo in atto un’iniziativa per dimostrare all’opinione pubblica e ai suoi sostenitori che l’Ucraina ha ancora la possibilità di causare qualche problema ai russi. Ma c’è anche una terza lettura.
E cosa dice?
Con l’imminente offensiva iraniana contro Israele, l’Ucraina potrebbe passare in secondo piano per l’opinione pubblica mondiale. Zelensky, insomma, avrebbe convinto i propri comandanti a dare il via a questa azione per tenere alta l’attenzione su questa guerra. Sono già apparse le prime reazioni di blogger militari pro-Ucraina che hanno contestato l’offensiva, definita controproducente: la preoccupazione principale dovrebbe essere di mantenere saldo il fronte in Donbass. La stampa occidentale, comunque, ha dato ampio risalto all’iniziativa di Kursk, ma sul piano militare non sposta niente.
Mosca accusa Kiev di avere aperto una sorta di secondo fronte in Africa, dove sosterrebbe i nemici dei militari russi dell’Africa Corps, l’ex Wagner. Così sarebbe successo in Niger e Mali, con l’appoggio ucraino a gruppi separatisti e jihadisti. C’era proprio bisogno di spostare il conflitto lì?
L’uso che fanno l’una e l’altra parte degli accadimenti è strumentale alla propria narrativa. In Africa se ne vanno francesi e americani e subentrano i russi. Possibile che gli ucraini, indirettamente, possano sostenere le fazioni che combattono i russi stessi: durante la Guerra fredda lo abbiamo visto molto spesso. La portata effettiva del supporto è tutta da valutare. Sono tentativi di accreditare Kiev come forza in grado di influire su diversi scenari.
Di trattative di pace o per un cessate il fuoco, però, adesso non si sente più parlare. Come mai?
Ci sono molti ostacoli sul piano politico. La Russia è in vantaggio, ma dobbiamo ricordarci i suoi obiettivi strategici: ci sono questioni da risolvere relative alla visione russa del sistema di sicurezza, ai rapporti con la NATO: dietro c’è molto di più di un armistizio.
Intanto la von der Leyen ha riferito che la UE ha dato in tutto 108 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina. L’Europa ne spenderà altri?
Quando la guerra finirà ci sarà da affrontare il discorso della ricostruzione, che sarà sicuramente nelle mani degli americani, con interessi enormi da tutelare. Poi c’è l’assistenza militare, che non finirà. Non abbiamo ancora finito di dare soldi all’Ucraina: questo dà la dimensione del problema che ci siamo creati noi europei seguendo l’illusione che la Russia potesse essere sconfitta.
(Paolo Rossetti)
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