ATTACCO IRAN TARDA ANCORA, QUALE MARGINE PER UNA TREGUA ISRAELE-HAMAS SU GAZA: IL MONITO DI BIDEN

Ieri vi avevamo raccontato lo “spiraglio” da Teheran per provare ad evitare la guerra su larga scala in Medio Oriente con l’attacco dell’Iran contro Israele: quello spiraglio resta anche in queste ore, facendo ormai comprendere a tutta la comunità internazionale che molto se non tutto della potenziale escalation dipenderà dalla trattativa sulla tregua a Gaza. O meglio, così è quanto l’Iran di Khamenei, Israele di Netanyahu e anche gli Usa di Biden hanno sentenziato in queste ore: la realtà è sempre più complessa e gli scenari in Medio Oriente non possono non passare dagli intricati interessi trasversali geopolitici ed economici in una delle regioni ancora oggi più centrali per lo scacchiere mondiale.



La rete di alleati dell’Iran contro Israele – Hamas a Gaza, Houthi in Yemen e Hezbollah in Libano – da settimane sarebbe pronta ad una manovra ragionata per stringere il nemico sionista nella morsa di un’escalation da cui sarebbe difficile uscirne pacificamente: il via libera da Teheran però non è ancora arrivato e ieri il messaggio del Governo Pezeskhian è stato quantomeno netto, «L’Iran non colpirà solo se i colloqui porteranno alla tregua a Gaza». In serata dalla Casa Bianca anche Biden ribadisce che si attende uno stop all’eventuale attacco dell’Iran contro Israele qualora si raggiungesse il cessate il fuoco a Gaza: le fonti di intelligence però ribadiscono che la vendetta iraniana per le uccisioni di Ismail Haniyeh e Fouad Shykr, leader politico e militare rispettivamente di Hamas e Hezbollah, potrebbe davvero essere vicina con un attacco nelle prossime ore.



A non migliorare lo scenario già di suo complicato ci hanno pensato le reazioni di Israele e Hamas: ai negoziati al via domani in Medio Oriente tra gli inviati di Stati Uniti, Egitto e Qatar, lo Stato ebraico parteciperà con posizioni però ancora molto drastiche, mentre la sigla terroristica palestinese addirittura ha annunciato il forfait. Netanyahu vorrebbe ottenere il rilascio degli ostaggi e lo stop alla guerra in Gaza con il ritiro immediato di Hamas, mentre i palestinesi vogliono molto di più e al momento nessuno è ancora riuscito a trovare una mediazione tra le due parti apparentemente inconciliabili.



PIANO ITALIA SU GAZA E POSIZIONE IRAN: GLI SCENARI PER EVITARE L’ESCALATION IN MEDIO ORIENTE

Dall’Italia il Governo Meloni si è mosso nelle ultime ore con un tentativo di mediazione offerto al gabinetto di guerra guidato da Benjamin Netanyahu, al fine di evitare l’escalation al via dopo Ferragosto qualora le parti in Medio Oriente non riescano a garantire un cessate il fuoco stabile nella Striscia. Davanti all’attacco imminente dell’Iran contro Israele, la Premier Meloni al telefono con l’omologo israeliano ha ribadito come tutti gli sforzi anche di Tel Aviv debbano andare nella direzione di una «de-escalation e cessate fuoco». Quando però si è giunti al giorno 313 della guerra a Gaza, l’Italia annuncia la preparazione di un piano per il “nuovo” Stato di Palestina, da presentare in settembre all’ONU.

Vi sta lavorando la Farnesina con il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, come confermato dallo stesso vicepremier: «Proporrò a livello G7 un progetto per la ricostruzione non solo umanitaria ma politica ed economica di Gaza. L’Italia è pronta a inviare un contingente per lavorare, nella transizione che dovrà essere gestita dall’Onu e guidata dai paesi arabi, alla nascita di uno Stato palestinese, unificando la Striscia e la Cisgiordania», spiega nell’intervista odierna a “La Stampa”. La trattativa è direzionata in Palestina con l’ANP e non con Hamas, anche per il rifiuto di quest’ultimo: la nascita del nuovo Stato dovrebbe tenere assieme unite la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, ma «Come facciamo a riconoscere uno Stato finché c’è Hamas che controlla una larga parte della Palestina e sostiene di voler distruggere Israele?», conclude Tajani.

Nel frattempo non va dimenticato che in Medio Oriente i razzi e i missili contro Israele stanno continuando, così come la battaglia nella Striscia di Gaza contro ciò che rimane dei combattenti di Hamas: resta il Libano l’area maggiormente indiziata per l’escalation più “calda” in vista, con lo scontro Hezbollah-Idf che non si esaurisce ormai da settimane, sebbene sempre a distanza. Nel frattempo, in attesa dell’attacco dell’Iran, gli Stati Uniti hanno inviato un sottomarino nucleare e una seconda portaerei nel Medio oriente, senza specificare però la locazione dei mezzi militari usati come “deterrente” di una guerra regionale tra Iran e Israele.