Non luogo a procedere per i due dipendenti del Programma alimentare mondiale (Pam) coinvolti nell’indagine della procura legata alla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo il 22 febbraio. Lo ha deciso il gup di Roma Marisa Mosetti. Come evidenziato dalla Farnesina, per i due imputati Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza, dipendenti dell’agenzia Onu accusati di omicidio colposo, esiste secondo consuetudine l’immunità diplomatica. Da qui la decisione del giudice: niente processo. L’Ansa riferisce, dunque, che è stato riconosciuto il difetto di giurisdizione.



La procura di Roma, però, ha deciso di fare ricorso davanti alla Corte d’Appello per impugnare il verdetto del gup, che ha disposto il non luogo a procedere per i due dipendenti del Pam. Stando a quanto appreso dall’agenzia di stampa, i pm di piazzale Clodio intendono percorrere tutte le strade che l’ordinamento penale prevede per garantire alle due vittime, l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, così come alle loro famiglie, la tutela dei loro diritti.



NIENTE PROCESSO PER OMICIDIO LUCA ATTANASIO: LA REAZIONE DELLE FAMIGLIE

Non ci sarà nessun processo e non si potrà neppure entrare nel merito delle accuse, visto che il Pam, agenzia Onu che ha nell’Italia uno dei suoi principali sostenitori, ha alzato lo scudo dell’immunità diplomatica. La giustizia italiana ne ha preso atto, anche sulla scorta di un parere della Farnesina, secondo cui il diritto consuetudinario internazionale depone a favore della mancanza di responsabilità dei dipendenti Onu. «C’è forte delusione e amarezza», la reazione dei familiari del carabiniere Vittorio Iacovacci dopo la decisione del gup. «Prendiamo atto della sentenza e attendiamo i prossimi passi della Procura», aggiungono all’Ansa. «È mancato il coraggio», l’amara sintesi di Salvatore Attanasio, papà di Luca, subito dopo la sentenza.



Ma non intende mollare: «Non ci fermeremo, questo è certo. Non importa contro chi dovremo andare. Oggi ha perso la giustizia, ma si è anche sprecata un’occasione per far valere la dignità del nostro Paese», le parole riportate dall’Avvenire. Il padre dell’ambasciatore attacca anche lo Stato italiano, che ha rinunciato a costituirsi parte civile: «Nonostante tante promesse sulla ricerca della verità, l’Italia si è tirata indietro al primo scoglio. Eppure è stato ucciso un suo rappresentante, insieme a un suo servitore e al povero autista. Ci sono troppi elementi che stridono in questa vicenda, che non può scivolare nell’oblio». Visto che la procura ha presentato ricorso in appello contro la decisione del gup, per Salvatore Attanasio «si è persa una battaglia. Ma la guerra va avanti».