Due attacchi kamikaze in Afghanistan, uno contro una base militare nella provincia di Ghazni, nell’est del paese, che ha provocato almeno trenta morti, e uno a Qalat, capitale della provincia di Zabol, a Sud, vicino alla sede del consiglio provinciale, dove è rimasto ferito il capo della provincia insieme ad altre tre persone. Non ci sono state rivendicazioni immediate, ma nella provincia di Ghazni i talebani sono estremamente attivi, con molti attacchi analoghi. Secondo Marco Lombardi, docente di sociologia all’Università Cattolica di Milano ed esperto di terrorismo, “è quasi certo che entrambi gli attacchi siano opera dei talebani che in questo momento storico sono all’apice della loro forza”. Una forza, aggiunge, in grado di rovesciare il governo ufficiale riportando il paese a come era vent’anni fa prima dell’intervento americano.
In Afghanistan sono attive oltre ai talebani le milizie dell’Isis. Lei ritiene che il doppio attacco sia opera dei talebani?
È molto probabile pensare che sia opera loro, visto il bersaglio, le truppe afgane. In questo momento poi i talebani sono al momento più alto della loro forza dopo la caduta del regime islamista a opera degli americani. È un momento di turbolenza che ci fa veramente chiedere quanto il capo delle forze armate americane in Afghanistan avesse ragione, quando ad ottobre si chiedeva se dopo la partenza americana l’Afghanistan potesse almeno non ridiventare quello che era prima dell’arrivo degli Usa. L’Afghanistan sta invece ripiombando nel peggio del peggio.
Questa forza dei talebani e il moltiplicarsi di azioni kamikaze è dovuta anche all’annuncio di Trump del ritiro delle forze americane entro gennaio?
Sicuramente. I talebani hanno una competenza militare ma anche politica, non dimentichiamolo. Da una parte tirano in lungo con i negoziati di pace o meglio “simil pace” che hanno messo in piedi con gli americani, dall’altra utilizzano le dichiarazioni del governo americano ma in realtà fanno solo il proprio gioco. Sfruttare cioè la situazione di contorno, negoziati e dichiarazioni, per fare quello che interessa loro, affermare la loro forza rispetto al governo ufficiale afgano e puntare diritti al loro obiettivo.
Dal punto di vista geopolitico, se i talebani riprendono il potere, a chi fanno comodo? La Cina ad esempio, che avrebbe già degli interessi economici nel paese?
Domanda chiave. Sono vent’anni che si va avanti in una transizione infinita e siamo a dove eravamo vent’anni fa. Si è riusciti solo a spazzare via al Qaeda a Tora Bora, per il resto non è cambiato nulla. Se dovessero riprendere il potere, mi aspetto che i talebani mettano sotto un controllo rigidissimo il paese, nello stesso modo di tanti altri Stati radicali con i quali abbiamo rapporti. Il loro ritorno al potere aprirà nuovi fronti di negoziazione politica ed economica con molti paesi. I cinesi, che hanno interessi specifici nel nordest dove sono già presenti, non credo che dal punto di vista politico si esporranno più di tanto ad avere relazioni con l’Afghanistan. Cercheranno di tenerle nascoste e metterle in atto sottobanco.
La Via della Seta non avrebbe nell’Afghanistan un obiettivo?
No, è inutile che passi dall’Afghanistan, gira già da altre parti. I talebani faranno comodo a un mondo economico extra istituzionale come la criminalità organizzata a cui è utile che l’Afghanistan sia in questa situazione. Dopo di che è difficile predire chi stringerebbe accordi e relazioni. Ritengo che nei primi sei mesi non lo farebbe nessuno, dopo di che, nel momento in cui i talebani mettessero in piedi un regime anche durissimo ma regolamentato, si farebbero avanti tutti senza problemi.
Che influenza avrebbe l’Afghanistan in mani ai talebani sulla già complicata situazione mediorientale, tra paesi come Iran, Iraq e Siria? Sbilancerebbe ancora il quadro?
Sarebbe un tassello che si aggiunge a una zona così tribolata da non cambiare di molto il contesto.
(Paolo Vites)