Nella puntata di Atlantide dedicata a Giovanni Falcone, in vista dell’anniversario della sua morte, si è tornato a parlare del fallito attentato all’Addaura, nel quale la mafia aveva già tentato di uccidere Falcone nel 1989, prima di riuscirci a Capaci nel 1992. Nel corso della trasmissione di La 7 sono intervenuti il magistrato Alfredo Morvillo e il giornalista Saverio Lodato, che ancora una volta ha tirato in ballo Bruno Contrada, sia pure assolto nel processo e riabilitato – tanto che è poi intervenuto anche il suo avvocato.
Cominciamo allora dalle parole di Lodato, per oltre 30 anni a L’Unità come corrispondente da Palermo. “L’alto funzionario delle forze dell’ordine che avrebbe tradito Giovanni Falcone è stato Bruno Contrada. Questa confidenza mi è stata fatta direttamente dal magistrato ucciso dalla mafia nella strage di Capaci”, ha sottolineato Lodato. “Gli chiesi chi fossero le ‘menti intelligentissime e raffinatissime‘ che avevano guidavano la mafia e a cui lui aveva fatto riferimento dopo il fallito attentato dell’Addaura. Fui molto insistente. Il nome era quello del dottor Bruno Contrada. Ma mi diffidò dallo scriverlo altrimenti non avremmo più avuto alcun rapporto”.
Tornano dunque i sospetti su Bruno Contrada, ex dirigente del Sisde, come traditore di Giovanni Falcone tra le forze dello Stato: “Vedeva una mano di pezzi dello Stato e delle istituzioni, lui già non credeva più da tempo che la mafia avesse decapitato un classe dirigente da sola senza che lo Stato italiano fosse in gradi di opporsi”.
IL FALLITO ATTENTATO A FALCONE: PARLANO LODATO E MORVILLO
Il magistrato Alfredo Morvillo, cognato di Falcone, ha evidenziato altri puntbruno contradai ancora oscuri del fallito attentato dell’Addaura, nella villa al mare che Falcone aveva affittato per passare l’estate 1989: una borsa piena di esplosivo piazzata sugli scogli, ma qualcosa non funziona e l’attentato sfuma. Quel giorno Giovanni Falcone aveva ospiti il magistrato svizzero Carla Del Ponte e il collega Claudio Lehman, a Palermo per uno scambio di informazioni sui circuiti del riciclaggio del denaro di dubbia provenienza.
Anche per Morvillo, Falcone commentando il fatto parlò di “menti raffinatissime” e che le modalità del fallito attentato consentono di ritenere che fosse stato organizzato “da qualcuno dello Stato che lo ha tradito. Carla Del Ponte era a Palermo ma non lo poteva sapere nessuno. Falcone di solito non faceva il bagno, nessuno poteva sapere che quel giorno sarebbe andato lì a fare il bagno. Se quella bomba fosse esplosa sarebbe morto lui e Carla Del Ponte. I due avevano delle conoscenze investigative segrete”.
Morvillo fa il nome di Oliviero Tognoli, narcotrafficante lombardo colpito da un paio di mandati di cattura internazionale, uno in Italia e uno in Svizzera, che era appena sfuggito a un arresto a Palermo grazie a una “soffiata” di un alto funzionario delle forze dell’ordine ma si farà arrestare poco dopo in Svizzera. Morvillo non ha voluto rivelare quel nome, fatto subito dopo da Lodato (che è intervenuto per secondo ad Atlantide).
ATTENTATO A FACONE: LA REPLICA DI BRUNO CONTRADA
Nel corso della trasmissione ha dunque telefonato il legale di Bruno Contrada, Stefano Giordano, ricordando il provvedimento della Corte Europea che ha giudicato illegittima la sentenza di condanna e ribadendo l’innocenza del suo assistito. Oggi invece, proprio a seguito di quanto successo ieri sera nel corso di Atlantide, ha parlato personalmente Bruno Contrada: “Ieri sera sono stato diffamato e calunniato. Provo solo disprezzo e nient’altro. Devono trovare un colpevole ad ogni costo, e lo hanno trovato in me. Non si rassegnano. Ma io non ci sto. Basta. Denuncio tutti”, riporta l’Adnkronos.
L’ex dirigente generale della Polizia di Stato, numero tre del Sisde, capo della Mobile di Palermo e capo della sezione siciliana della Criminalpol, infine reintegrato in Polizia, aggiunge: “Sono indignato, provo una rivolta morale. E’ incredibile sentire quelle frasi. Perché Lodato ha aspettato più di 30 anni per dirlo? Perché il giornalista non lo ha detto il 24 maggio del 1992, cioè all’indomani della strage di Capaci? Visto che aveva promesso al giudice di non scriverlo… Bisognava chiedere al dottore Falcone quello che voleva dire quando parlava di menti raffinatissime.
Io sono stato massacrato, non solo arrestato o incriminato. Ancora si fa il mio nome. C’è chi si non si rassegna. Riconoscere di avere sbagliato è segno di moralità. Io ogni volta che ho sbagliato ho chiesto scusa. Perché si può anche sbagliare ma bisogna avere la correttezza e la dignità di ammettere di avere sbagliato. Invece no, non ci si rassegna. Io posso portare dieci sentenze di assoluzione ma devo essere colpevole ad ogni costo. Perché questi hanno provato a colpirmi e massacrarmi, per anni”.