LONDRA — Per chi si trovava sulla Streatham High Road, domenica pomeriggio, quello che doveva essere un normale giorno di svago in una zona periferica del sud di Londra si è trasformato in un incubo.
Come London Bridge a novembre, ieri la meno nota strada suburbana è stata teatro di un attacco terroristico nel corso del quale un uomo armato di un lungo coltello è riuscito a ferire dei passanti prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia. Il bilancio dell’“incidente terroristico”, come lo ha subito definito la polizia, è di tre feriti, uno dei quali starebbe lottando per la sua vita, e un morto, il terrorista. Poteva essere ancora più pesante se la polizia non fosse intervenuta immediatamente. Il motivo della rapidità d’intervento è che l’uomo era sotto sorveglianza attiva. Alla polizia erano noti i suoi legami con l’estremismo islamico e tre agenti in abiti civili gli stavano alle calcagna.
Anche questa volta – come nel caso di London Bridge – si tratta di un terrorista uscito di prigione (a gennaio) dopo avere scontato metà dei tre anni di pena che gli erano stati inflitti. Particolare destinato a risollevare con forza la questione, già molto dibattuta nel periodo pre-elezioni, dei terroristi che escono dal carcere, per legge, prima della scadenza stessa della pena e, più in generale, delle falle dell’intero sistema di riabilitazione di queste persone.
Sembra che il primo accoltellamento sia avvenuto all’interno di un negozio della catena Boots. Uscito, il terrorista è riuscito ad accoltellare una donna alla schiena. Una terza persona è rimasta lievemente ferita da vetri esplosi a causa degli spari della polizia. Tre poliziotti in borghese hanno raggiunto il terrorista e tirato fuori delle pistole. I testimoni parlano di tre spari e i video girati con i telefonini mostrano il terrorista riverso a terra. Si vede anche il giubbotto esplosivo indossato dall’uomo, che più tardi la polizia ha detto essere falso.
Il governo annuncerà provvedimenti per cambiare il sistema di gestione di coloro che sono condannati per terrorismo, ha detto il premier Boris Johnson. Avrebbe dovuto già farlo dopo l’episodio di London Bridge, costato la vita a due giovani, ma poi c’era Natale, e poi la Brexit. Ora non ci sono scuse, servono provvedimenti urgenti su tutto il sistema riabilitativo riguardante i detenuti per terrorismo. Al di là della pena, infatti, che siano tre o dieci anni, il problema vero riguarda il reinserimento nella società di questi particolari detenuti, che fanno quello che fanno per profonde convinzioni ideologiche.
Non è un problema solo britannico. Solo pochi minuti dopo i fatti di Londra, è arrivata da Gand, in Belgio, la notizia di un accoltellamento e del ferimento di due persone prima che la polizia intervenisse. Il terrorismo “fai-da-te” ad opera di persone instabili, ideologizzate, a volte tornate da soggiorni in zone di guerra, in Iraq o in Siria, è un fenomeno diffuso in Francia come nel Regno Unito, in Spagna come in Belgio e in Germania. Lo abbiamo visto in questi anni. Agiscono con coltelli o con automobili, seguendo un modus operandi “low-tech” che necessita di pochissima logistica e comunicazione. È quindi difficile se non impossibile per la polizia prevenire questo tipo d’attacchi. Se poi – una volta catturati – i terroristi scontano in carcere pene leggere e non vengono adeguatamente seguiti, una volta fuori torneranno a complottare e ad agire secondo la medesima radicale ideologia.