In una Francia allarmata dai contagi e in piena pandemia Covid-19 torna il terrorismo islamista, pericolo che era stato praticamente rimosso. E torna non a caso dove c’era la sede del settimanale Charlie Hebdo, mentre è in corso il processo a 14 persone, accusate a livelli diversi di sostegno logistico ai tre autori della strage del 2015, uccisi dalle forze dell’ordine nei giorni successivi alla strage. Due persone, impiegate in una agenzia televisiva nello stesso palazzo dove si trovava la redazione del settimanale, sono state accoltellate da due islamisti, accusati di “tentato omicidio in relazione a un’azione terroristica, associazione terroristica criminale”. Tutto questo mentre nelle scorse settimane l’attuale direttrice di Charlie Hebdo, Marika Bret, aveva ricevuto minacce che erano state considerate serie, tanto da obbligarla, su indicazione della polizia, a lasciare il suo appartamento: “Il caso Charlie Hebdo non è mai finito, la situazione non è cambiata – spiega in questa intervista Stefano Piazza, esperto di terrorismo internazionale – e il settimanale satirico non ha mai smesso di essere un obiettivo. Proprio la sera prima dell’attacco, sui canali jihadisti era apparsa la foto di Macron con l’invito ai miliziani ad attaccare la Francia”. Per Piazza, una volta sconfitto lo Stato islamico, a istruire, aizzare e a mandare a colpire i terroristi ci sono i Fratelli musulmani, “un’organizzazione che andrebbe bandita in tutta Europa”.



L’attacco davanti alla vecchia sede di Charlie Hebdo nei giorni in cui si tiene il processo contro la rete che organizzò la strage non sembra una scelta casuale, non crede?

È assolutamente plausibile che tutto abbia una sua logica, se solo consideriamo che la sera prima su alcuni canali jihadisti è apparsa la foto di Macron con una scritta in cui si invitavano i miliziani ad attaccare la Francia e il giornale: non ci sono dubbi sulla scelta del luogo.



Tra l’altro la direttrice del settimanale aveva ricevuto minacce considerate gravi.

La situazione di Charlie Hebdo non è mai cambiata. Quando succedono episodi del genere, si fa presto a dimenticare, ma quel giornale non ha mai smesso di essere un obiettivo. Lo scorso 11 settembre, su una chat di Telegram avevo trovato riferimenti chiari a finire il lavoro dei fratelli Coulibaly. In particolare al Qaeda nella penisola arabica aveva lanciato un invito a tutti i musulmani residenti in Francia perché lanciassero attacchi contro i crociati a causa proprio di Charlie Hebdo.

Il direttore dell’agenzia in cui lavorano le due persone colpite ha lamentato la mancanza di forze di sicurezza davanti al portone. Si può accusare la polizia francese di  non aver dato peso alle minacce o di essere incorsa in un clamoroso errore, visto che su internet si invitava ad un attacco legato a Charlie Hebdo?



Intanto va detto che la pandemia è uno dei migliori alleati dei terroristi: tutto il mondo guarda dall’altra parte, mentre loro si rafforzano. Quando nel 2015 avvenne la strage, effettivamente fu dimostrato che da parte della polizia francese furono commessi molti errori. Riguardo a questo attentato abbiamo ancora pochi dati, tuttavia è impossibile controllare tutto e tutti. Quella poi è una zona complicata, con una fitta rete di strade e stradine che si intersecano fra loro. Non è facile controllare tutto. Il problema però non sono i terroristi, ma chi legittima queste persone, dando loro le basi dottrinali.

A chi si riferisce?

Alla Fratellanza musulmana, che andrebbe bandita in tutta Europa, perché è l’anticamera del terrorismo. Noi invece tutti questi imam gentili li invitiamo nelle scuole, nelle università, nei partiti. È tutto un falso e noi ci caschiamo sempre, pagheremo un prezzo molto alto. Non abbiamo ancora imparato la lezione.

Il fatto che vengano usate armi bianche invece di esplosivi e mitra significa che i terroristi fanno fatica ad organizzare un attentato con collegamenti logistici come ai tempi dell’Isis?

Oggi è difficile comprare armi pesanti. O meglio, si trovano facilmente sul dark web, ma per loro è meglio usare l’arma bianca, che si può facilmente mimetizzare. Le armi pesanti possono diventare un problema.

Quello che conta per loro è il gesto simbolico?

Assolutamente. Charlie Hebdo, la Francia, Macron sono simboli per loro. Qualche giorno fa era scattato un allarme alla Torre Eiffel, un altro simbolo. Così come alla cattedrale di Barcellona. Non smetteranno mai di combattere questi simboli, rappresentano qualcosa a cui non vogliono rinunciare. Hanno una volontà incontrollabile.

(Paolo Vites)