Lo scrivono tutti: la foto iconica di Trump che, il volto insanguinato, si rivolge alla folla con alle spalle la bandiera americana potrebbe essere il suo più sicuro passaporto per la Casa Bianca.
Nella marea di commenti e dichiarazioni di tutti i leader del mondo mi ha colpito quella di Nigel Farage, il discusso leader britannico che di fatto con il suo recente ritorno in campo ha determinato la secca sconfitta dei Conservatori in Gran Bretagna: “L’attentato non mi ha sorpreso: avete fatto di Trump l’immagine del male, era facile che qualcuno portasse il suo odio a tentare di sparagli”.
In fondo è una grande verità: costruire il mostro e trovare poi qualcuno disposto ad eliminarlo è un sistema vecchio come il mondo che è andato di moda nei secoli fino a Gandhi, ai Kennedy e più recentemente per il leader slovacco Robert Fico e ora per Trump.
È un meccanismo che tutti condannano e fanno finta di detestare, ma che in fondo è comodo per eliminare qualsiasi pericoloso avversario. Immaginatevi che la pallottola contro Trump, sparata da 137 metri di distanza, fosse passata un centimetro più a destra e saremmo già qui a parlare di un nuovo candidato repubblicano alla presidenza.
Come nelle guerre civili, quando non si può mai dire chi abbia sparato il primo colpo ed ogni rappresaglia vendica la precedente, così l’incitamento all’odio è un buon sistema per esasperare la situazione e in questo senso contro Trump si è fatto di tutto.
È evidente che l’ordine di far fuoco non è certo arrivato dalla Casa Bianca (anche se è logico ammettere che un assassinio avrebbe fatto molto comodo), ma è anche ammissibile qualche sospetto sulle consuete “devianze”, soprattutto se fossero vere le testimonianze che l’attentatore, il 20enne Thomas Matthew Crooks, sarebbe stato segnalato da alcuni partecipanti al comizio alle forze dell’ordine che però non sarebbero intervenute.
Imperizia, superficialità, dolo? Resterà un dubbio, come quello che mi sono sempre posto anche a proposito del cosiddetto “assalto” al Campidoglio USA del 6 gennaio 2021. Come mai, pur ben sapendo che da tutta la nazione sarebbero convenuti a Washington quel giorno decine di migliaia di supporter di Trump imbufaliti per la sconfitta a protestare davanti al Congresso, in quella piazza non era stata schierata che un’esigua presenza di agenti e le porte del palazzo erano aperte senza nessuno che seriamente le presidiasse? Anche allora quell’assalto sarebbe servito a demonizzare e criminalizzare Trump e – così come oggi nessuno parla delle vittime “collaterali” al comizio – nessuno ricorda più nemmeno i cinque morti di quel giorno.
Più in generale il reciproco richiamo alla calma, al rispetto, alla pacificazione nazionale sembra scontato e assolutamente condivisibile, ma appare ora anche estremamente ipocrita. Da anni Trump è additato come il genio del male, mai come contro di lui si sono schierati giudici, giornali, tv e media in tutto il mondo. Il personaggio è unico, gode in queste situazione di presunto martirio (peraltro sabato c’è andato molto vicino), si pone come vittima quando spesso non lo è, è sicuramente di dubbia moralità e di molta furbizia ma – insomma – forse l’escalation di odio contro di lui è stata anche sapientemente costruita.
Non vale solo per Trump ed è forse un paragone ardito, ma come vi sentireste se foste un elettore della Le Pen che – nonostante siate in un partito che ha raccolto più voti di tutti – foste completamente emarginati in Francia e in Europa? O un ungherese fedele ad Orbán rispetto a Bruxelles? Quanto è stato alimentato, nei decenni, il mito contro la “cattiva” Le Pen, così come contro tanti altri leader (anche di opposte opinioni, sia ben chiaro)? Se vi sentiste calpestati e defraudati, non monterebbe forse dentro di voi un desiderio di rivolta?
Però – se posso andare fino in fondo – non sempre c’è pari misura e pari moneta di giudizio. L’eroina Ilaria Salis è stata incoronata per il dramma delle catene al suo processo, ma era una persona che era stata già più volte coinvolta, denunciata e condannata per violenze; questo aspetto è stato minimizzato, sopito e tollerato.
Ecco allora che – se si volessero davvero ridurre le campagne di odio – bisognerebbe farlo tutti, sempre e in prima persona, mai a senso unico, e ciascuno di noi dovrebbe ammettere che non sempre siamo in grado di farlo. Serve un’autocritica sincera ma generale, altrimenti, se a scagliare la prima pietra è sempre il mio avversario, prima o poi si finisce con lo spararsi a vicenda.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.