Da quando, esattamente un anno fa, i talebani sono tornati al potere in Afghanistan, il paese è attraversato costantemente da una lunga scia di sanguinosi attentati.

Ma se fino ad adesso obbiettivo primario erano state le moschee durante la giornata di preghiera del venerdì (l’ultimo caso pochi giorni fa, nella moschea di Gazargah nella città afghana di Herat, in cui sono morte almeno 18 persone e anche l’imam Mujib Rahman Ansari, un importante religioso noto per essere vicino al regime dei talebani) adesso si mira alle poche ambasciate ancora aperte a Kabul. Ieri un kamikaze è stato ucciso dalle forze di sicurezza mentre si trovava in fila con le persone che aspettavano i visti dell’ambasciata russa e la carica esplosiva che aveva addosso è esplosa: tra le vittime ci sono due diplomatici russi.



Come ci ha detto il generale Giorgio Battisti, primo comandante del Contingente italiano della missione ISAF a Kabul, “l’attentato potrebbe trovare la sua motivazione nella dichiarazione di apertura da parte russa verso i talebani di solo pochi giorni fa. Lo Stato  islamico, che da un anno ha dichiarato guerra ai talebani, ha agito immediatamente per evitare ancora una volta il progresso di relazioni internazionali e evitare il rafforzarsi della stabilità del governo degli studenti islamici”.



Dopo un anno di attentati nelle moschee, l’opposizione islamista al governo talebano ha fatto una svolta strategica, o dietro questo tentativo di attentato si cela qualcosa d’altro? Il kamikaze cercava di entrare nell’ambasciata.

Potrebbe essere quello che in termini militari si definisce un salto di qualità: non prendere cioè più di mira solo la popolazione civile, come fatto sino ad adesso, per dimostrare sia ai talebani che alla comunità internazionale che i talebani non sono in grado di garantire sicurezza e ordine pubblico come avevano promesso un anno fa. Il kamikaze è esploso tra i civili, ma è riuscito comunque a uccidere due diplomatici russi.



A Kabul dopo il ritorno dei talebani sono rimaste aperte solo le ambasciate russe, turca, cinese, del Qatar e del Pakistan. Perché prendere come obiettivo quella di Mosca?

Pur non riconoscendo ufficialmente il governo talebano, nei giorni scorsi c’è stata una dichiarazione russa in cui è stato promesso di fornire petrolio e aiuti umanitari come cibo e medicine. È facile che queste dichiarazioni, che significherebbero un momento di riconoscimento internazionale al governo talebano, abbiano fatto immediatamente attivare lo Stato islamico, schierato tra Pakistan e Afghanistan, per mandare un segnale forte. Il loro intento è proprio quello di isolare e indebolire il governo talebano.

Perché la Russia ha deciso di scoprirsi in questo modo, sapendo in che situazione versa l’Afghanistan?

È un gesto che rientra nel confronto con l’Occidente: dimostrare di avere rapporti e interessi internazionali attivi. Si spiega così perché la Russia offra a prezzi scontati il petrolio a India o Cina. La preoccupazione è che questo salto di qualità prenda di mira le altre sedi diplomatiche e quei pochi rappresentanti delle organizzazioni umanitarie presenti nel Paese per fare terra bruciata intorno ai talebani e inasprire il sentimento di incertezza già molto diffuso.

Tenendo conto del fatto che gli Stati Uniti durante l’occupazione russa sostenevano e armavano i talebani, potrebbe essere che oggi facciano lo stesso con lo Stato islamico per farli cadere?

È una domanda a cui è impossibile rispondere. Certamente una presenza dell’intelligence anglo-americana in Afghanistan c’è. Quando è stato ucciso da un drone americano a inizio agosto l’emiro di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, le coordinate e la sua posizione a Kabul sarebbero state fornite dai talebani. Indubbiamente gli americani oggi, presi come sono tra Ucraina e Indo-Pacifico, non intendono condurre operazioni che possano rovesciare il governo afgano. Se fosse così avrebbero aiutato il Fronte nazionale di resistenza, cosa che non sta succedendo, perché esso opera senza apparenti aiuti occidentali.

Sulla base della sua lunga esperienza in Afghanistan, si sente di dire che il Paese è destinato a continuare nel declino disastroso che vive da decenni?

Gli eventi storici rispondono a questa domanda. Per la sua collocazione geografica viene definito crocevia dell’Asia, le vie di comunicazioni più agevoli attraversano questo paese dai tempi di Alessandro Magno per raggiungere la valle dell’Indo. Da quanto affermano le Nazioni Unite è ancora un paese che accoglie in modo attivo le varie formazioni terroristiche islamiste. Le basi occidentali occupate dai soldati dei vari paesi Nato adesso sono occupate da formazioni terroristiche che le usano per il loro addestramento. Questa presenza straniera di terroristi manterrà sempre in situazione critica il Paese. Oltre all’uccisione di al-Zawahiri sono passati sotto silenzio mediatico molti attacchi con droni su basi terroristiche.

(Paolo Vites)

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