PARIGI – Ieri mattina un insegnante è stato accoltellato a morte e altri due sono stati gravemente feriti in un liceo di Arras, nel nord della Francia. L’autore dell’attacco, un giovane di una ventina d’anni, Mohammed M., inserito nella “lista S” (il file che raggruppa tutte le persone radicalizzate in Francia e sorvegliati dai servizi segreti, ndr) per la sua radicalizzazione e attivamente monitorato dalla DGSI, il servizio di intelligence francese, avrebbe urlato “Allah Akhbar” mentre compiva l’attacco. È stato arrestato dalla polizia e un’indagine è stata aperta dalla procura nazionale antiterrorismo. Contemporaneamente, il fratello del terrorista è stato arrestato alla periferia di un altro liceo della città, anch’egli in possesso di un coltello, e un altro tentativo di attacco a un’altra scuola, questa volta nelle Yvelines, è stato sventato dalla polizia.
Emmanuel Macron, che ha visitato la scena venerdì pomeriggio, ha denunciato “la barbarie del terrorismo islamista” e ha aggiunto che l’insegnante ha probabilmente “salvato molte vite” intervenendo per proteggere gli studenti. Questo attacco, che arriva quasi tre anni dopo lo spaventoso assassinio di un altro insegnante, Samuel Paty, da parte di un terrorista islamico, innalza il livello di tensione che sta scuotendo la Francia dopo l’attacco di Hamas in Israele. Dal 7 ottobre, più di cento atti antisemiti sono stati registrati in Francia e 24 persone sono state arrestate, creando un clima di inquietudine e di paura tra la popolazione francese.
Meno di 24 ore prima, nel suo discorso televisivo sul conflitto in Medio Oriente, davanti a più di 13 milioni di telespettatori Emmanuel Macron aveva fatto appello all’unità nazionale per evitare “di importare il conflitto in Francia”. “Non aggiungiamo una frattura nazionale a quella internazionale e non cediamo a nessuna forma di odio”, aveva dichiarato il capo dello Stato. L’omicidio dell’insegnante suona come un crudele ricordo dei peggiori momenti e non così lontani del terrorismo islamista in Francia.
Non è possibile stabilire un legame diretto tra l’attentato di Mohammed M., di origine cecena, e il conflitto tra Israele e Hamas, e la confusione che ne potrebbe derivare sarebbe pericolosa. Tuttavia, non possiamo fare a meno di vedere una drammatica convergenza tra l’attacco e il dramma che si sta svolgendo in Medio Oriente. Secondo gli specialisti dell’intelligence e della sicurezza l’attività sui social network monitorata dai servizi francesi dimostra che dagli attentati in Francia del 2015, e questo è stato verificato anche dopo ogni attacco successivo, questi eventi nazionali e quelli che si verificano all’estero hanno un effetto galvanizzante e contagioso sulle popolazioni radicalizzate ed emarginate.
L’emozione che i due eventi di ieri suscitano, la paura e la preoccupazione che generano, sia all’interno della comunità ebraica francese che tra i francesi di ogni origine e religione, è reale. Tutto ciò che accade in Medio Oriente ha un impatto enorme in Francia. È uno dei temi che affascina e infiamma i francesi. L’ascesa dell’islamismo radicale e del jihadismo in Francia è un dato di fatto. Attacca i valori occidentali, in particolare il secolarismo, diventato un motivo di odio antifrancese.
Emmanuel Macron ha invitato il popolo francese a rimanere “unito” dopo l’attacco, aggiungendo che “è stata fatta la scelta di non cedere al terrore, di non lasciare che nulla ci divida”. Ma la divisione all’interno della classe politica francese è ormai avvenuta e gli eventi in Medio Oriente hanno creato un terremoto. Mentre la stragrande maggioranza dei partiti politici ha condannato senza ambiguità gli assassinii perpetrati da Hamas, la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon si è rifiutata di descrivere Hamas come gruppo terroristico, preferendo parlare di “forze armate che commettono crimini di guerra da entrambe le parti”.
Eric Ciotti, presidente dei Repubblicani, ha immediatamente chiesto di tagliare gli aiuti europei ai palestinesi (l’Europa è il maggior fornitore di aiuti alla popolazione palestinese) e venerdì mattina ha invitato l’esecutivo a dichiarare lo stato di emergenza dopo l’omicidio dell’insegnante, una richiesta ricorrente per la destra quando si tratta di gestire l’immigrazione, in quanto consente di adottare provvedimenti più restrittivi come le espulsioni. Va ricordato che la richiesta di asilo di Mohammed M. e della sua famiglia è stata respinta e che la guerra in Ucraina gli ha impedito di essere rimandato in Russia, Paese di cui è originario.
L’esecutivo francese precisa che “qualsiasi uso strumentale di questa tragedia sarebbe mortificante per la nostra coesione sociale”, già indebolita dall’inflazione, dalle rivolte dell’estate scorsa, dalla guerra in Ucraina e dagli attentati islamisti che hanno colpito nuovamente questo venerdì mattina. Ricordiamo che le più grandi comunità ebraiche e musulmane d’Europa vivono in Francia. Gli aiuti dati ai palestinesi, il grado di sostegno a Israele, la condanna di Hamas che però non deve essere assimilato al popolo palestinese, il riconoscimento dell’inferno che stanno vivendo i 2 milioni di abitanti di Gaza, tutti questi argomenti sono al centro della preoccupazione dei francesi che si esprime nei sondaggi di opinione: l’85% si dice preoccupato per la situazione e due su tre affermano che rappresenta un rischio di tensione in Francia.
Dopo l’attentato di venerdì 13 ottobre, le comunità francesi sono ancora una volta messe l’una contro l’altra. La comunità musulmana conta 5 milioni di persone, di cui solo 5mila sono state identificate come radicalizzate e sono sottoposte a sorveglianza fisica e amministrativa. Questa minoranza, pericolosa e piena di odio nei confronti della Francia, getta un’ombra malevola su una comunità che aspira a vivere in pace nella Repubblica.
Dominique de Villepin, ex primo ministro e ministro degli Esteri, ha risposto alle domande dei giornalisti di France Inter giovedì 12 ottobre. Ha parlato di “sorpresa e orrore per la mostruosità e enormità” dell’attacco terroristico di Hamas contro Israele, ma ha aggiunto, “con infinito dolore”, di non essere sorpreso “dall’odio” che si è manifestato. Con le guerre che si sono susseguite dal 2006, Gaza è una “prigione a cielo aperto, un inferno sulla terra”. Ha ricordato che la comunità internazionale ha un dovere di solidarietà verso Israele e un dovere di umanità e responsabilità nella regione, e che “il diritto all’autodifesa non è un diritto alla vendetta indiscriminata”. Di ritorno dalle riunioni del FMI in Marocco, dove era presente tutta l’Africa, Dominique de Villepin ha spiegato che l’accusa rivolta dai Paesi arabi ai Paesi occidentali e alle democrazie, che ipocritamente denunciano l’orrore solo quando fa loro comodo, è stata ripetuta più e più volte. “Tutto quello che è successo e che succederà avverrà sotto lo sguardo di un mondo che non vede le cose come le vediamo noi”.
L’evidente divisione tra coloro che hanno condannato Hamas, coloro che lo sostengono apertamente e coloro che tacciono e il cui silenzio è altrettanto assordante rischia di dividere profondamente anche i nostri Paesi, ha sottolineato Dominique de Villepin, precisando che la reazione che le democrazie porteranno a questa crisi è fondamentale e deve essere ben ponderata.
Se la Francia stessa vuole evitare una conflagrazione, deve contribuire al processo di pace portando una soluzione giusta e politica, precisando che può essere raggiunta solo attraverso il riconoscimento di uno Stato palestinese vicino a uno Stato israeliano, unica garanzia per Israele della sua sicurezza futura, ha detto ancora l’ex primo ministro francese.
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