Due ipotesi: Israele, che dopo l’attentato a Beirut in cui è stato ucciso il numero due di Hamas Saleh Al Arouri certificherebbe così di voler regolare i conti con tutti i suoi nemici in Medio Oriente; oppure l’Isis K, l’Isis Khorasan, nemico giurato degli sciiti, che avrebbe sfruttato l’occasione per mettere in difficoltà l’Iran da una parte, visto come avversario dei sunniti, e Israele dall’altra, aumentando il livello di tensione nell’area e creando per questo un problema in più a Tel Aviv.
La realtà, però, finora, è che non si sa chi possano essere gli autori dell’attentato nella zona del cimitero di Kerman, che in occasione delle celebrazioni per l’anniversario della morte del generale Qassem Soleimani, ucciso quattro anni fa da un drone americano a Baghdad, ha fatto strage di 103 persone ferendone altre 211. Mettendo in fila i nemici dell’Iran e tenendo conto del livello di organizzazione necessario per piazzare due bombe e azionarle a distanza, queste, spiega Stefano Piazza, giornalista e scrittore, esperto di sicurezza e terrorismo, sembrano le due ipotesi più accreditate.
“I terroristi dietro l’esplosione nel cimitero di Kerman sono mercenari di potenze arroganti e saranno certamente puniti” avrebbe detto il capo della magistratura iraniana, Gholamhossein Ejei, alludendo a Usa e alleati. Ma ragioni e responsabili del blitz devono essere ancora accertati. L’intelligence Usa, invece, accrediterebbe la responsabilità dell’Isis.
Che considerazioni si possono fare sull’attentato in Iran sulla base delle prime notizie?
Possiamo pensare all’Isis Khorasan, la branca dello Stato islamico che è in Afghanistan: ha già colpito in Iran i santuari sciiti. Le organizzazioni terroristiche sono molto brave a sfruttare le opportunità offerte dal momento. Pianificano, ma hanno la capacità di trarre profitto dalle situazioni loro favorevoli. È anche possibile che siano stati gli israeliani, ma è un’ipotesi che non mi convince del tutto: non credo che possano aver attaccato i civili in un luogo sacro. È un atto da terroristi.
Per quello che si conosce finora cosa si può dire dell’attentato? Ci sono due bombe portate sul posto e azionate a distanza. Chi ha agito lì, fosse anche Israele, deve avere avuto qualche aggancio sul posto?
Chiunque sia stato ha goduto e gode di coperture e complicità evidenti in Iran, in strutture delicate come questa, dove è sepolto il generale Soleimani. Fare un attentato lì significa scegliere un luogo simbolico, per realizzarlo bisogna conoscere le procedure, si tratta di un luogo sorvegliato.
Ma di primo acchito a quale delle due ipotesi viene da pensare, ammesso che siano solo queste?
Sono molto cauto, meglio non fidarsi mai delle prime cose che vengono dette, soprattutto dopo quello che è successo a Beirut con l’uccisione di Al Arouri. Anche se lì sappiamo che è stato Israele. Colpire in Iran in questo modo dopo quello che è successo nella capitale libanese sarebbe un gesto molto forte.
Significherebbe che Israele vuole la resa dei conti con tutti i nemici dell’area mediorientale?
Certo. Hamas, Hezbollah, gli Houthi, contano zero. La testa dell’operazione è a Teheran. Se sono stati gli israeliani il messaggio è chiaro: “Siamo in grado di colpirvi in ogni momento, nei luoghi più sacri”. Se è stato qualcun altro, come l’Isis K, potrebbe essere la classica dimostrazione della capacità e dell’opportunismo di queste organizzazioni. In un momento come questo fanno male all’Iran, nemico mortale perché sciita, ma allo stesso tempo creano un danno a Israele, perché inducono tutti a pensare che siano stati gli israeliani. Due bombe che permettono loro di colpire due scenari, quello israeliano e quello iraniano.
L’Isis K che tipo di attentati ha compiuto in Iran finora? L’anno scorso al mausoleo di Shiraz ha causato 13 morti: questa azione può collocarsi nel solco di quella precedente?
Sono già entrati altre volte in Iran, l’anno scorso hanno attaccato quel santuario sciita, scegliendo, quindi, un obiettivo simbolico. L’Isis K in Afghanistan molto spesso prende di mira le moschee sciite, che oltre ai talebani sono il principale obiettivo. La scelta di un luogo di culto in Iran è nelle corde di questo gruppo, che è molto radicato. Agisce anche in Pakistan, comunque in quella fascia di territorio chiamato Khorasan, al confine tra Afghanistan e gli altri Paesi.
Ci sono anche altre formazioni che possono agire in Iran?
Che abbiano la capacità di organizzare un attentato come questo, no. Ci sono molti oppositori al regime degli ayatollah, ma questa è un’operazione che richiede capacità tecniche. C’è una preparazione, qualcosa di molto ben organizzato.
Quali elementi possono farci capire le responsabilità di questo episodio?
Se lo Stato islamico non dice entro 48-72 ore “Sono stati i nostri fratelli”, allora la matrice la conosciamo, potremo dire che è stato il Mossad. L’Isis rivendica sempre, soprattutto per un’operazione di questo tipo. Dobbiamo aspettare.
(Paolo Rossetti)
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